Dagoba: Poseidon è potenza, contrasti e groove
Poseidon poteva essere il tanto atteso salto di qualità: questo quarto album avrebbe potuto “dire” o rispondere alla domanda: “possono i Dagoba andare oltre?”. Le risposte che mi davo erano negative – no, non era possibile – sembravano in qualche modo “segnati” o, peggio, condannati a seguire alcuni ingranaggi auto-imposti. Se ci guardiamo indietro, in particolare ai primi due dischi, noteremo sicuramente maggiore maturità, più cura del dettaglio, ma soprattutto una prestazione vocale che oggi non ha nulla da invidiare a nessuno.
Un altro elemento tutt’altro che marginale è la scelta delle copertine, forse un po’ fuorviante rispetto allo stile musicale intrapreso, ma indubbiamente affascinante.
La musica dei Dagoba si presenta, grosso modo, nella consueta maniera: scariche elettriche schiaffate in faccia, gesta monolitiche e un alto tasso di groove a dominare. Il growl profondo e rauco viene urlato con forza, contrapposto a sezioni melodiche davvero efficaci (i ritornelli, praticamente, non ne sbagliano uno). I Dagoba sono ancora inquadrabili nel filone industrial, seppur di striscio; tuttavia, la spinta verso sonorità più catchy appare evidente. Senza però influenzare (fortunatamente) il loro sound caratteristico — gioia e dolore insieme.
Un esempio lampante è Black Smokers, il brano scelto come video, che presenta il tipico riffing alla Fear Factory e un ritornello dannato, ma di facile fruizione.
Produzione di livello: riff grassi e dettagli curati
La produzione di Poseidon è da considerarsi eccellente. Le chitarre, ovviamente, si prendono la ribalta attraverso armi potenti, grasse e serrate. Ogni minimo particolare viene messo in risalto, anche nei piccoli inserti campionati e nelle sfumature melodiche. Ascoltare prima una Columnae Herculis folle (variegata e dal gran finale), e poi la carica di groove di Dead Lion Reef, è altamente appagante.
I francesi, quando vogliono, sanno davvero comporre la canzone ideale. Riescono a coniugare violenza e armonia, con inserti di “relax” inaspettato che alzano notevolmente il livello. Tutto ciò accade, fortunatamente, nella stragrande maggioranza dei brani contenuti in Poseidon. Ai miei preferiti – già citati – si aggiungono Degree Zero (meno violenta, con un ritornello arioso che resta dentro), la monolitica I Sea Red, la “Phil Anselmo oriented” Shen Lung (ricca di melodia serpeggiante) e la conclusiva Waves of Doom, tormentata e caricata quasi fosse una traccia death metal. Da citare positivamente anche la strumentale The Horn Cape, che definirei “l’impianto ritmico per le grandi occasioni”.
Purtroppo, da parte mia, il giudizio non arriva al completo successo a causa di due brani incapaci di offrire il necessario entusiasmo. The Devil’s Triangle e There’s Blood Offshore finiscono per sciupare l’album, impedendogli di competere per il primato di miglior disco della discografia Dagoba.
L’incremento costante ottenuto dà loro ragione: Poseidon ci lascia il ricordo di una band che ancora cercava di creare, seppur con tutti i limiti del caso.
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Summary
XIII Bis Records (2010)
Tracklist:
01. 43 17′ N / 5 22′ E
02. Dead Lion Reef
03. Columnæ Herculis
04. The Devil’s Triangle
05. Degree Zero
06. The Horn Cape
07. Black Smokers (752 Farenheit)
08. Ha Long
09. Shen Lung
10. I Sea Red
11. There’s Blood Offshore
12. Waves of Doom