La pausa, lo “stacco” dopo il periodo Vertikal era necessario, troppo facile buttarsi a capofitto in un’altra impresa con la consapevolezza di non poter subito fare di meglio. Giusto prendersi tempo, giusto ritornare in un modo speciale come questo, per mezzo di una particolare collaborazione con la cantante statunitense Julie Christmas (Battle of Mice), solo in tal modo il nuovo Mariner riuscirà a prendersi la sua giusta fetta di credibilità senza dover impattare su ingombranti paragoni con le gloriose uscite passate. Il solo fatto di unire forze inedite e “sconosciute” lo rende infatti speciale, fuori dai soliti canoni di giudizio, ciò è sicuramente un bene perché finisci per godertelo senza patemi, senza ansie da prestazione o aspettative varie. E proprio lì Mariner farà il suo perfetto centro, incrementa il livello di una discografia sempre più unica ed imponente ed aggira quel fastidioso ostacolo del paragone, ci lascia liberi di fruire del suo nettare ma soprattutto non manifesta la presenza di alcun pensiero oppressivo.
Con tutto questo in testa ascoltare l’iniziale A Greater Call rappresenterà la giusta e meritata estasi (fate parlare la pelle d’oca, meglio non aggiungere altro). Il pezzo è il migliore del lotto non c’è dubbio, l’unione fra l’operato dei Cult of Luna e la voce di Julie è praticamente perfetto, qualcosa capace di andare oltre le “solite concezioni terrene” per quanto mi riguarda. Certamente se avessimo ottenuto lo stesso identico livello emotivo lungo tutto l’album sarei qui a decantarvi di un’impresa folle, di un capolavoro con dentro ben “poco di umano”, ma va bene così in fondo, va bene anche una dimostrazione normale, “mortale”, ma pur sempre allettante.
Il disco esibisce tutta la maturità raggiunta dai Cult of Luna, non c’è una sola nota buttata lì nel mezzo sbadatamente, ogni passo è ponderato, efficace e capace di magnetizzare a dovere. Chevron è apertura da Julie, abile nel passare su diversi canali comunicativi (prima pensa a stregare, poi ad ipnotizzare ed infine a colpire) sul tipico mantra appartenente alla band di Umeå, incedere che si fa ancora più classico durante la successiva quieto/ondulata/strillante The Wreck of S.S. Needle (ovvero il brano che ti faranno sempre senza mai sbagliarlo). Le cartucce più lunghe ci vengono riservate per il gran finale, dapprima con la straniante e “vaporosa” Approaching Transition (tredici minuti blandi ma con la coda in leggero crescendo), poi con la misteriosa Cygnus (praticamente quindici), brano che mette in mostra ancora una volta la duttilità della Christmas e il riverbero del passo firmato Cult of Luna (splendida l’alternanza vocale fra le parti).
Non è una novità, ai Cult of Luna piace sempre vincere facile, un disco del calibro di Mariner lo sottolinea e la voce di Julie Christmas lo apostrofa del necessario incentivo per la curiosità generale. La missione risulta completamente riuscita, impossibile opporsi alla loro legge “post-sludge-progressive-hardcore”.
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Summary
Indie Recordings (2016)
Tracklist:
01. A Greater Call
02. Chevron
03. The Wreck of S.S. Needle
04. Approaching Transition
05. Cygnus