Crematory – Unbroken

Unbroken- We still keep on fighting. Over and over again – over and over again. Unbroken – We still love what we do, ever and aver again”.

Parte con convinzione e con questo ritornello il nuovo disco dei Crematory (il loro quindicesimo), una dichiarazione di intenti precisa e ricca di voglia di farci sapere quanto loro siano ancora oggi dentro la “materia” (quasi una risposta a chi pensava potessero fermarsi dopo tanto tempo, persino io nella recensione del precedente Oblivion paventavo tale possibilità), e che di mollare non ci pensano proprio.

Sono partito con tutte le belle speranze di questo mondo nell’ascoltare Unbroken. Su tre anteprime due mi avevano convinto e l’idea che un nuovo Oblivion (disco che ho adorato, probabilmente pure la Napalm Records si era fatta abbagliare) si potesse manifestare all’orizzonte mi solleticava non poco. Invece non potete immaginare la delusione, e che delusione è arrivata…

Unbroken di buono ha solo il tipico sound della band e quei momenti dove Felix attacca la strofa a suo modo, ma per il resto ha davvero troppi, troppi difetti. Il primo e principale sta nella voce pulita del nuovo innesto Connie Andreszka (come al solito anche alla chitarra), troppo alta e fuori luogo per i Crematory, troppo presente/invandente e fastiosa da ascoltare; a mio modo di sentire una scelta a dir poco sciagurata!

Ciò và a compromettere alcune canzoni che in altra sede potevano anche venire “salvate” (penso ad Awaits Me o una Voices dove peraltro si registra la sua prova meno fastidiosa del lotto), ma d’altro canto non è che c’è da essere molto contenti del livello generale di songwriting buttato fuori per l’occasione.

Non a caso le canzoni dove Felix rimane protagonista solitario sono le migliori, stiamo parlando per l’appunto della title track (presente come guest Robse degli Equilibrium, giusto per dare ulteriore garra alla partenza) , della mia preferita The Downfall (finché scrivono così va bene, avercene di questi “piloti automatici”) e della danzereccia ma ficcante Abduction. Il resto stenta su tutta la linea e quando non lo fa ci pensa il “novello Albano” a castigare definitivamente il tutto (come ad esempio su Rise and Fall, già non è un pezzone però diventa davvero raccapricciante ai limiti dell’insostenibilità). Se ci aggiungiamo che il disco supera l’ora di durata con 15 composizioni totali (l’ultima Like the Tides è una cover dei !disdain), potete immaginare lo scoramento generale.

Non mi dilungo ulteriormente e mi dirigo di nuovo sulla mia sicurezza Oblivion (non scomodiamo il passato quest’oggi), un clamoroso tonfo che ho pure messo in collezione ma non mi lamento/pento; come dico da anni: “ai Crematory gli vorrò sempre bene”.

50%

Summary

Napalm Records (2020)

Tracklist:

01. Unbroken
02. Awaits Me
03. Rise And Fall
04. Behind The Wall
05. The Kingdom
06. Inside My Heart
07. The Downfall
08. My Dreams Have Died
09. I Am
10. Broken Heroes
11. A Piece Of Time
12. Voices
13. Abduction
14. As Darkness Calls
15. Like The Tides (!disdain  cover)