Command the Machyne – Command the Machyne

Ottima uscita per la rumena Pest Records che a questo giro ci sorprende con un prodotto di classico e genuino heavy metal fatto “come dio comanda”.

I Command the Machyne debuttano così con un solido ed efferato album omonimo, un disco che nella sua semplicità vi farà venire voglia di andare a riprendere una buona porzione di bands lasciate indietro o sciaguratamente dimenticate da tempo.

Tedeschi per ¾ i Command the Machyne hanno il pregio di riportare in scena Florian Reimann, storico cantante dei mitici Destillery (3 dischi da andare a recuperare per i fanatici del genere!) qui accompagnato dalle due asce Sasch Machyne e Michael Ulrich. La voce di Florian in pieno effetto maturazione lascia in parte quell’immaginario legato a Bruce Dickinson per avvicinarsi sovente a certa “ruvidità” cara a Kai Hansen, Tobias Sammet o Andreas Babuschkin (Paragon).

Il disco è un gesto emulativo puro, crudo e riuscitissimo. I quaranta minuti tengono distante la noia ed irrompono nelle nostre orecchie con semplice-ficcante-entusiasmo. 11 canzoni tenute su una scattante media di tre minuti e spiccioli, tutte coese e leste nel colpire dritte al bersaglio. Impossibile non passare attraverso la doppietta iniziale formata da Burn’em e Sarah’s Heart e su River of Life (splendido lampante anthem) dove il nostro Florian riesce a farci sentire tutta la voglia di rivalsa accumulata lentamente nel tempo.

Emerge continua sintetizzando al meglio il messaggio Iron Maiden mentre Drenched in Pain e Reaper ci attaccano nel modo in cui sapevano sollazzarci i primissimi Helloween. Prisoners of Time aggredisce prima di una epica Stones, succulenta anteprima delle “diverse” Kingdoms Prayer e Shadows (magniloquente anfratto oscuro la prima, marmorea ballad di chiusura la seconda).

Un disco come quello dei Command the Machyne è un piccolo regalo che dobbiamo “imporci” per questo 2020 se amiamo l’heavy classico. Un disco che sa quali fili andare toccare e gestire, creato da personalità ormai formate e che badano esclusivamente al sodo e all’esibizione di una certa immarcescibile solidità.

11 tornate che vanno in scena senza momenti morti, tutte da assaporare con la necessaria voglia. Questi ragazzi hanno dato il meglio e non si può che apprezzare e applaudirli supportandoli a dovere.

L’unico appunto che posso muovere nei confronti di Command the Machyne è quello di avere adoperato una veste grafica troppo scolastica e ripetitiva; certo, il libretto riporta anch’esso alla tipica “cavalleria” galoppante che usava scorrazzare tra la fine degli anni ‘90 ed inizio 2000, ma vedere una così poca cura oggigiorno penso sia in parte compromettente (diciamocelo pure: la copertina proprio non invoglia a muoversi verso l’album).

73%

Summary

Pest Records (2020)

Tracklist:

01. Burn ‘em
02. Sarah’s Heart
03. Emerge
04. Drenched in Pain
05. Prisoners of Time
06. Stones
07. Reaper
08. Kingdoms Prayer
09. River of Life
10. The King
11. Shadows