Carcass – Surgical Steel

C’è voluto tempo per metabolizzare, tempo per pensare e fare chiarezza su un disco complesso come Surgical Steel, l’attesissimo ritorno dei Carcass dopo una moltitudine di anni.

Lo abbiamo aspettato – forse non tutti con autentica fiducia – ma comunque pieni di speranza. Non era il solito comeback da band riformata sull’onda di una moda nostalgica. Qui si parla dei Carcass: avanguardia, personalità, un modo unico di suonare e sorprendere, sempre. O almeno, fino a Swansong, è stato così.

A molti è piaciuto, altri sono rimasti freddi. Io mi colloco tra questi ultimi. Forse con aspettative troppo alte o troppo idealizzate, speravo in un ritorno da punto esclamativo, in qualcosa che fosse contemporaneamente nuovo ma inconfondibilmente “Carcass”. Volevo essere trascinato in una nuova dimensione – magari un concept sugli alieni fatto alla loro maniera (sì, lo so che esagero, ma con loro tutto sembrava possibile). Fino a Swansong, il nome Carcass è sempre stato sinonimo di audacia, e per questo mi aspettavo l’inaspettato. Invece mi ritrovo appeso a un ascolto che mi lascia dubbioso, quasi superficiale, sull’efficacia di Surgical Steel.

Il ritorno avviene con i “ferri del mestiere” ben in vista, dichiarazione d’intenti chiara fin da subito: si torna, sì, ma senza l’intento di stupire. I brani sono 100% Carcass, ma presto assumono contorni freddi, distaccati. L’album prova a trascinarti (e in parte ci riesce), ma diventa vittima del suo stesso riffing macchinoso, marchiato a fuoco da Bill Steer. A tratti sembra quasi di ascoltare scarti delle glorie passate, e questa sensazione, con certi nomi in ballo, non è affatto piacevole.

Eppure, razionalmente, Surgical Steel non ha veri difetti. Ma non c’è nemmeno nulla che vada oltre, che superi quell’asticella alzata nel tempo da dischi che ti lasciavano a bocca aperta già al primo ascolto. Dovrei valutarlo senza pensare al passato, ma mi riesce impossibile. Colpiscono ancora duro, questo sì: i Carcass sono arcigni, chirurgici, con un Jeff Walker che sembra non aver perso nulla del suo velenoso carisma. Il tempo pare quasi sospeso… poi guardi indietro e ti chiedi: dal 1996 di Swansong a oggi, cosa diavolo è successo in tutti questi anni?

C’era davvero bisogno di questo ritorno? A giudicare dal risultato, verrebbe da dire “forse no”. Ma poi mi contraddico: Surgical Steel non è affatto un brutto disco. Perde qualche punto, certo, ma chi se ne importa: ben venga comunque.

I brani:

1985 è l’apertura atmosferica che ti aspetti, il gong che introduce la corrosiva Thrasher’s Abattoir, brano sibillino con un riff “a elastico” che arriva al punto in pochi secondi. Tra gli altri spiccano Unfit for Human Consumption (indimenticabile quel “After all, you are what you eat”), Captive Bolt Pistol (già un classico) e la conclusiva Mount of Execution, un tentativo riuscito di unire epicità e identità alla Carcass.

Il resto è solido ma lineare: difficile distinguere tra un brano e l’altro, mancano veri picchi o twist capaci di imprimersi nella memoria.

Surgical Steel è un peso. Nel significato e nell’esposizione. È crudo, aggressivo, chirurgico. Ti sfida per una lotta interiore, e solo affrontandola fino in fondo potrai davvero capire se ti erano davvero mancati… oppure no.

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Summary

Nuclear Blast (2013)

Tracklist:

01. 1985
02. Thrasher’s Abattoir
03. Cadaver Pouch Conveyor System
04. A Congealed Clot Of Blood
05. The Master Butcher’s Apron
06. Noncompliance To ASTM F 899-12 Standard
07. The Granulating Dark Satanic Mills
08. Unfit For Human Consumption
09. 316L Grade Surgical Steel
10. Captive Bolt Pistol
11. Mount Of Execution

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