Black Jesus – Everything Black Everything Dead

Mezz’ora in marcia compagnia grazie agli australiani Black Jesus (con dentro Adrian Naudi dal passato The Berzerker e Whitehorse) e al loro sprezzante death metal dai risvolti thrash. Si dovrà mettere la lancetta del tempo un pochino indietro, precisamente ai tempi in cui Autopsy e Death incendiavano le scene (pensate anche a dei Carcass meno attenti alla tecnica anche se solo per dei brevi lampi), un piccolo gesto d’immedesimazione necessario prima di potersi immergere accuratamente con anima e corpo su questi dodici grezzi pezzi.

Ovviamente niente che non sia già stato detto o fatto, tale concetto dovrà per forza rimanere chiaro ai margini di chi passa da qui, quasi un comandamento prima di poter premere play e godersi l’accaduto.

In principio era il rock and roll“, i Black Jesus parrebbero non essersi dimenticati delle sacre origini e spargono una immediata spensieratezza sopra le loro rapide e sfuggenti composizioni. Il divertimento è pressoché assicurato da una parte, ma dall’altra c’è sempre la componente death metal a insudiciare le travi di Everything Black Everything Dead, come a ricordare che il mondo “andrà comunque a puttane“. Sarà quindi un sorrisetto amaro ad infiltrarsi sulla nostra faccia, un mix di sensazioni posto a metà fra lurido sfogo e merda posta in bella vista, pronta a “spiovere” in ogni momento ma dal basso.

Il tutto scorre liscio ma con accenni soffocanti dati da un sound volutamente ribassato, le chitarre si divertono un sacco nel loro accelerare e diminuire continuo, praticamente non avremo molti punti d’appoggio su cui fare affidamento, l’imprevedibilità sarà pronta a dominare senza che niente o nessuno possa metterle i bastoni fra le ruote.

Scorre tutto a briglia sciolta, e così non ci saranno molte opportunità di pensare durante la mezz’ora qui musicata, una fetida boccata e poi via, ci riprenderemo solo alla conclusione, giusto per capire meglio come sia effettivamente andata. Si, perché Everything Black Everything Dead è un disco da “prestigiatori”, non si arriva mai ad intuirne l’esatto valore, è una cosa posizionata a metà fra dubbi e certezze, e queste si mescolano senza sosta, e noi al loro interno, incapaci di formulare concetti reali, come se ci trovassimo nel pieno del detto: “fumo negli occhi”.

Pareti pronte a vibrare sotto l’imponenza di bassi vistosi, la title track è posta subito lì all’inizio per falciare ripetutamente le gambe, semplice e “ruspante”, di sicuro fra le migliori. E’ un attacco thrash a dominare Reek of Crucifixion e Legacy of Hate, ma tutto è sempre impastato e confuso nella melma sonora preparata per l’occasione. Ma è bello così, perché si rimane attaccati positivamente al prodotto, bava a colare senza premure e poi via con la brevissima scheggia grind Detonation.

Di seguito Righteous Indignation si prende tempo e dilatazione, Scorch the Sky scava ignorante e mefitica prima di liberare le tre fionde demoniache We’re All Zombies Now, Shackled to a Corpse e Thanks for the Enemies. A chiudere troveremo la fluente irruenza di Born in a Tomb e la strumentale A Crimson Vow, giusto per la serie “non ci facciamo mancare nulla“.

Asticella della sufficienza superata, per quella successiva bisogna fare qualcosina in più, ma detto sinceramente, va bene così.

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Riassunto

Grindhead Records (2014)

Tracklist:

01. For Those About to Die
02. Everything Black Everything Dead
03. Reek of Crucifixion
04. Legacy of Hate
05. Detonation
06. Righteous Indignation
07. Scorch the Sky
08. We’re All Zombies Now
09. Shackled to a Corpse
10. Thanks for the Enemies
11. Born in a Tomb 04:05 Show lyrics
12. A Crimson Vow