Losing the Sun dei Black Autumn: malinconia e densa oscurità
L’arte malinconica dei Black Autumn ritorna in modo prepotente, anche se la necessità, il bisogno, di far chiasso non si addice affatto a una creatura del genere. Il messaggio è chiaro e immediato, ma mai troppo esplicito nell’esposizione: si potrebbe liquidare così la questione.
L’indubbia bellezza di Losing the Sun emerge con forza, ma solo sulla lunga distanza. Non c’è quasi nulla che gridi “tutto e subito”. E’ un disco che richiede pazienza, ma chi saprà concedergliela verrà premiato, e non poco, perché la qualità tocca spesso vette davvero significative.
Il suo andamento è soffuso, oscuro-sognante da certe angolazioni. Tristezza e solitudine si fanno palpabili, risaltano e avvolgono, delimitando da lontano. È come se sentissimo su di noi lo sguardo di “altre persone”, lì a scrutarci mentre cerchiamo di cogliere il segreto di un’uscita che non smette mai di esercitare il suo potere persuasivo. Losing the Sun rende ogni bussola inutile: tentare di orientarsi sarà solo una perdita di tempo. Qui non esistono sentieri prestabiliti, solo una densa nube pronta a confondere tutto. E prima o poi capiremo che l’unico modo per proseguire è lasciarsi guidare alla cieca, ignorando del tutto l’origine della meta.
La produzione: caos ovattato e cielo plumbeo
La produzione ammanta l’aria di un opaco chiaroscuro, lievemente caotico ma dotato di una purezza evidente. Somiglia a un cielo nuvoloso eppure stranamente rassicurante. Presto si comprende come il disco sia fuori da ogni schema o concetto. Il cantato appare e scompare senza far rumore – spesso ci si dimentica persino della sua presenza – lasciando che sia la componente strumentale a guidare il viaggio. Le chitarre, in particolare, risuonano potenti e in primo piano. I loro riff appartengono al gothic/depressive-black-doom, con lampi di Katatonia e persino i Bethlehem affiorano di tanto in tanto. Così cupi e densi, sembrano pronti a cadere come grossi chicchi di grandine.
Quaranta minuti: è questo il tempo che Losing the Sun ci chiede in cambio. Il progetto Black Autumn affila le proprie lame con pazienza. La sua speranza è la nostra attesa. E così cadiamo inermi tra le spire liquide della sonnifera title track iniziale, mentre l’inafferrabilità detta legge nel ritmo incalzante di St. Elmo’s Fire (uno dei vertici dell’album), e Laetitia miete pura decadenza e poesia sulle sue note.
Ma questo è solo l’inizio di un percorso che rappresenta un’autentica raffigurazione autunnale: uno spuntino introduttivo che non placa affatto l’appetito. Anche le restanti quattro tracce mantengono alta la qualità di un lavoro capace di alimentarsi costantemente. From Whence We Came è commovente nella sua profondità, The Distance è un timido crescendo, mentre A Corruption of Innocence si svela soltanto nella sua conclusione. Chiude il tutto In the Rains of June, un quieto condensato di tristezza. Tutto qui è pronto a dissolversi, lasciandoci addosso una fida compagna: una soddisfazione velata da un senso d’oppressione.
Emozioni in dissolvenza: il potere di Losing the Sun
Losing the Sun è un calderone di sensazioni, un lavoro capace di svanire in un soffio. Il suo ricordo, stranamente, vola via con l’ascolto. Non è musica da ricordare nel dettaglio, ma quando torneremo a incrociarne la strada, ne riaffioreranno echi lontani. Ed è lì che l’album, con accortezza, spiega davvero il suo potere.
Le copie disponibili sono solo 350. Meglio affrettarsi, anche se sarebbe il caso di appiccicare un “non per tutti” in copertina, come avvertimento.
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72%
Riassunto
Rain Without End Records (2014)
Tracklist:
01.Losing the Sun
02.St. Elm’s Fire
03.Laetitia
04.From Whence We Came
05.The Distance
06.A Corruption of Innocence
07.In the Rains of June