Belphegor – Conjuring the Dead

Lavoro strano Conjuring the Dead dei Belphegor. Chiariamoci subito, però: la parola “strano” non va intesa come riferita al tipo di musica proposto in questo nuovo capitolo dai possenti austriaci. Loro, infatti, non hanno certo intenzione di cambiare stile o l’approccio proprio adesso (anno 2014, per chi vivesse senza un calendario a portata di mano).

E così, dopo una carriera logorante fatta di sanguinosi elogi al Caprone, li ritroviamo ancora una volta in piena forma, sfidando impassibili l’avanzare del tempo. La voglia, il coraggio e la perseveranza continuano ad avere la meglio, e questo nuovo lavoro non fa eccezione, anche se – a mio parere – rappresenta un passo indietro rispetto al precedente Blood Magick Necromance (se la gioca invece con Walpurgis Rites – Hexenwahn). Nonostante ciò, le buone intenzioni restano intatte, e i Belphegor mettono a segno un altro tassello importante nella loro ormai imponente discografia.

Torniamo però alla parola “strano”, scelta in base alle sensazioni provate durante gli ascolti. Una sorta di altalena emotiva causata dall’alternarsi di brani potenti e memorabili ad altri che sembrano messi lì senza particolare convinzione. Giusto dei riempitivi frettolosi (bastava davvero poco per sollevarli), piazzati in scaletta quasi per obbligo. Fortunatamente non compromettono del tutto la qualità del disco, ma creano delle crepe da cui è bene guardarsi prima di lanciarsi in elogi sperticati solo perché “è roba nuova” e per metà “particolarmente figa”.

Da un lato troviamo le tipiche mietiture della band: Gasmask Terror, opening pensata appositamente per squarciare culi a raffica, e la title track Conjuring the Dead, che apre scenari infernali grazie al suo riff portante devastante. Imperdibile Legions of Destruction, una sorta di mantra che eleva l’ascoltatore a livelli inaspettati (stupenda la strofa con Glen Benton e il ritornello cerimoniale recitato da un Attila Csihar in stato di grazia). Black Winged Torment è un pugno nello stomaco in puro stile Belphegor. Benda sugli occhi e giù a rotta di collo tra velocità malata e sadiche (anti)melodie. Ottima anche Flesh, Bones and Blood, una marcia malefica scandita con precisione e cattiveria (Fornication…666!).

L’altro lato della medaglia, però, mostra crepe evidenti. In Death è fuorviante, con una strofa thrash metal poco incisiva che per la prima volta rallenta e spegne l’intensità costruita fino a quel momento. Un brano che si lascia ascoltare, ma che rimane assolutamente trascurabile. A fargli compagnia abbiamo l’inutile strumentale The Eyes, la quasi-outro Pactum in Aeternum (perché?!), e la mezza riuscita Lucifer, Take Her. Come già detto, non tutto è da buttare, ma l’indecisione serpeggia e sussurra demotivanti dubbi, impedendo un giudizio entusiastico.

Nonostante ciò, l’idea di dare un voto negativo non riesce a convincermi del tutto. Forse perché rischierei di metterci troppo del mio (più del solito, mi piace essere personale), o forse perché il disco scorre via in fretta, sorprendentemente in fretta, il che è già un merito. E alla fine compie bene il proprio lavoro, senza appesantire l’ascolto.

Questa volta Helmuth e Serpenth si sono affidati alle mani di Erik Rutan e ai suoi Mana Recording Studios. Il tocco americano – va detto – si sente eccome, ma lo noteranno davvero solo coloro per cui i Belphegor sono pane quotidiano (o quasi). Invecchiare mantenendo questa coerenza e convinzione non è affatto comune. Solo per questo, la band austriaca si merita ancora una volta parole di stima, al di là di un lavoro che, sì, poteva darci di più… ma che conferma ancora una volta la loro dedizione a un credo nero come la pece.

Realize I am fire – I do not burn.

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Summary

Nuclear Blast (2014)

Tracklist:

01. Gasmask Terror
02. Conjuring The Dead
03. In Death
04. Rex Tremendae Majestatis
05. Black Winged Torment
06. The Eyes
07. Legions Of Destruction
08. Flesh, Bones And Blood
09. Lucifer, Take Her!
10. Pactum In Aeternum

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