Au-Dessus – Au-Dessus

Au-Dessus – L’esordio tra black metal atmosferico e ferocia calcolata

I lituani Au-Dessus esordiscono con un EP (che, con la sua mezz’ora di durata, potrebbe benissimo passare per album) capace di generare immediato interesse e una ripetuta voglia d’ascolto, grazie a doti fluenti, incisive e decisamente efficaci.

Cinque movimenti in uno. La sensazione di un percorso circolare che sa proseguire avanti pur conoscendo il punto esatto del proprio ritorno, quel momento che chiude e sigilla l’involucro esterno: l’idea che ci formiamo prima, durante e dopo l’ascolto. Non si può far altro che parlar bene di questo esordio così accecante. Perché le chitarre esigono continua attenzione, quasi non tollerano distrazioni nel loro meticoloso lavoro, intriso di caos ma studiato con cura e intensità.

Ci si ritrova presto intrappolati, e lo percepiamo già nel primo segmento – quello che dovrebbe essere “soltanto” la classica intro di facciata – ma di fatto non è affatto così. Studio, studio, studio, e poi tutto torna e ci ingloba senza preavviso, rendendoci schiavi della loro struttura.

La metamorfosi del black metal Au-Dessus tra asprezza e intensità

Il black metal del “dopo”. Una materia fluttuante, deformata nei cambi di colore (caldo e freddo, caldo e freddo), accompagnata da uno scream dannato, sempre alla ricerca di metriche solide, con risultati proficui e intensi (aspri o pronti a ingrossarsi come in IV, apice dell’interpretazione).

L’accompagnamento si mescola alla perdizione. Non sono affatto banali le sensazioni evocate da II e dai suoi nove minuti che sembrano gridare: «Guardate di cosa siamo capaci!». C’è il raffreddamento, il distacco, un uso marcato ma mai abusato della melodia (l’inizio di III dovrebbe insegnare), e poi lingue di lava pronte a discendere copiosamente.

Gli Au-Dessus si prestano a ogni tipo di ascolto: da quello meticoloso e chirurgico a quello più distratto, e alla fine tutti — bene o male — resteranno soddisfatti. Trarre beneficio da questa mezz’ora è facile eppure, a ben sentire, non così scontato. Bravi questi ragazzi lituani. Capaci di anteporre la loro opera ai fattori secondari (che sono i primari per tanti), di arrivare alla “vittoria dell’occhio che guarda lontano” attraverso sacrificio, ricerca e istinto puro.

Mani ferme come quelle di esperti chirurghi. Gli Au-Dessus danno lo “start” senza alcun timore reverenziale, e la strada si apre con giustezza davanti a loro. L’attenzione viene manipolata con perizia, e ci ritroviamo presi in una spirale affascinante, una trappola in cui è fin troppo facile cadere.

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Riassunto

Witching Hour Productions, Godz Ov War Productions, Third Eye Temple (2015)

Tracklist:

01. I
02. II
03. III
04. IV
05. V

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