Ars Moriendi – La singulière noirceur d’un astre: il fascino oscuro dell’introspezione melodica francese
La singulière noirceur d’un astre è il terzo disco della band francese Ars Moriendi. La formazione ci ha già abituati in passato a belle cose e con questo album riesce pure nel tentativo di superarsi quel quanto che basta. Lo fa per mezzo dell’enfasi. Grazie a quello che di “sé” riesce a far passare attraverso strutture mai banali (e nemmeno corte: si va da un minimo di otto minuti al massimo di undici) o patinate.
Utilizzano una metodologia “serpeggiante”, facendo leva su caratteristiche persuasive e confortevoli. Stranamente, si respira un’alta dose di calore, sotto certi aspetti del tutto inaspettata e che non “fa male”. Si tratta pur sempre di black metal, anche se di forma melodica e spesso sconfinante su sensazioni più tetre e raffinate. Magari potrà sussistere un vago spiazzamento iniziale, ma più ci addentreremo nella boscaglia e più ne realizzeremo i formosi tratti. Tratti oscuri e notturni (la copertina, in questo senso, acquista ancor più significato), tratti che si prendono ogni secondo sino in fondo, laddove vogliono e possono. La fretta è giocoforza bandita, messa spalle al muro ed impossibilitata ad agire (in questo caso vale il: “ditemi che ascoltatori siete e vi dirò cosa ascoltare”).
Trame lontane e voci condannate: il cuore introspettivo degli Ars Moriendi
Introspezione regnante, con tastiere a tessere trame distanti e dall’alto tasso emozionale. Anche il basso fa il suo nel dare un prezioso e scandito contributo: crea infatti rilievo e la necessaria profondità per le tenebrose vocals (roche, sospirate, condannate e a volte “sacre”; in ogni caso, niente si prostra mai nei riguardi della pulizia), tutto fuorché banali o anche solamente stucchevoli.
Espressione poetica che deflagra tra le spire della prima De l’intouchable mort. Intanto fin da subito ci verranno presentati i conti da parte di una produzione molto sofferta ma anche – e soprattutto – ammaliatrice (l’ulteriore prova di come quelle pulite o lisce possano compromettere o sviare un risultato).
Animo soffuso e profondo si danno il cambio, coinvolgendo appieno nei loro cambi di umore. Quando arriva la Vanité ci siamo già dentro sino al collo, senza alcun bisogno di grossolani proclami. Sanno ferire e al contempo temporeggiare gli Ars Moriendi, e nel farlo usano una classe che non sembra affatto arrivare per caso.
Sculture sonore e chiaroscuri emozionali: discesa nell’anima del disco
Chiaroscuri – o meglio “grigio scuri” – continui. Sculture marmoree ci circondano, osservano silenziose il nostro smarrimento, perché sarà una sua diretta conseguenza scendere sempre più a fondo in questo disco (in tal senso l’apice lo registriamo proprio nel suo cuore, con De ma dague… prima e Ars Moriendi poi). Il viaggio viene poi concluso dalla title track. Il brano scarabocchia – forse eccedendo – ma scandisce anche ritmi che ci porteremo dentro come qualità di ricordo o turbamento finale.
Se cercate un disco insidioso eppure non così difficile da decifrare, La singulière noirceur d’un astre potrebbe fare per voi. La Francia dirama quel suo tipico fascino (certamente fa tanto il cantato in lingua, ma non c’è solo quello: sarebbe riduttivo stare a dirlo) che va a pescare – con parsimonia – in luoghi celati, deposti da qualche parte fra virtù ed oscurità.
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Summary
Archaic Sound (2014)
Tracklist:
01. De l’intouchable mort
02. Vanité
03. De ma dague…
04. Ars Moriendi
05. La singulière noirceur d’un astre


