Arch Enemy – Blood Dynasty: assalto moderno con il solito spirito classico
Per gli Arch Enemy, Blood Dynasty significa dodicesimo album. Una tappa senza dubbio importante per una band che da sempre sa come “mescolare le acque” e far parlare di sé quanto basta, senza mai perdere l’identità.
Siamo anche arrivati al quarto capitolo dell’era Alissa White-Gluz. Dopo War Eternal, Will to Power e Deceivers, credo che con Blood Dynasty la band abbia finalmente pescato la carta migliore di questo lotto. Ammetto che questa volta Michael Amott e soci sono riusciti davvero a sorprendermi. Sia per la qualità generale, sia per la capacità del disco di cambiare spesso traiettoria senza mai perdere in coerenza. Un lavoro solido, vario, coeso. E molto soddisfacente.
Sì, confesso che da un po’ avevo abbassato l’asticella delle aspettative nei loro confronti, e ritrovarmi costretto a rivederle al rialzo è stato il miglior regalo che potessero farmi.
Blood Dynasty fa esattamente ciò che deve, dall’inizio alla fine. È un disco “bello pieno”, pronto ad aggredire con una produzione laccata e rotonda, e suoni ben scolpiti, nati tra le mura dei Fascination Street Studios di Örebro. Non siamo di fronte a una rivoluzione nella storia degli Arch Enemy, ma piuttosto a un rafforzamento dell’identità costruita nel tempo: una consapevolezza di fondo che permette loro di colpire a dovere e sempre nei punti giusti.
Al fianco di Amott troviamo ora Joey Conception, mentre la sezione ritmica rimane ancorata nelle mani di Erlandsson e D’Angelo, una garanzia. Il meccanismo gira a meraviglia, e gli undici brani in scaletta (inclusa una breve strumentale e una cover) ringraziano e beneficiano appieno di questa intesa.
L’opener Dream Stealer parte con solidità: strofe che sradicano, ritornello scolpito da un classico cambio tempo firmato Amott per un marchio di fabbrica che fa sempre piacere respirare. Illuminate the Path è diventata lentamente la mia preferita. Adoro il pattern ritmico ricorrente (il lavoro di Daniel alla batteria si lascia apprezzare), la strofa aggressiva e il ritornello pulito in cui Alissa dimostra quanto sappia dosare potenza e melodia.
La prestazione di Alissa è “monstre” anche in March of the Miscreants, altro colosso sonoro che conferma l’intento del disco: variare senza mai perdere il filo del discorso. E la sezione assoli, qui, sembra davvero un omaggio al passato più glorioso.
A Million Suns e The Pendulum hanno quel retrogusto power metal che le rende immediatamente riconoscibili. Buoni contrappunti ai brani più diretti, che aiutano il disco a mantenere dinamismo e non scivolare nella ripetitività.
Molto positiva anche Don’t Look Down, mentre devo confessare una predilezione per la title track. Magari un po’ “facilona”, ma carica del classico DNA Arch Enemy, con un ritornello che funziona alla perfezione. Paper Tiger parte in sordina, ma poi ti ritrovi a canticchiare il suo refrain senza accorgertene: anche lei, insomma ottiene un suo “si”.
La cover Vivre Libre dei francesi Blasphème spacca melodicamente il tutto. Pezzo lento da trasporto ma devo dire che anche lei alla fine contribuisce a portare acqua a questo mulino. Liars & Thieves, infine, è una chiusura efficace: un ultimo affondo ben costruito per un disco che, senza strafare, riesce spesso a sorprendere.
La sensazione di soddisfazione che ho provato fin dal primo ascolto non solo è rimasta intatta, ma si è rafforzata con il tempo (cosa non sempre scontata con gli Arch Enemy). Questo basterebbe già a raccontare quanto Blood Dynasty sia riuscito a centrare l’obiettivo, offrendo un concentrato di energia vitale ben dosato. Il tutto impreziosito da dettagli e scelte stilistiche che rendono ogni passaggio degno di attenzione.
Quando una band trova la propria formula vincente, il rischio di adagiarsi sugli allori è sempre dietro l’angolo (in passato è certamente accaduto). Ma con Blood Dynasty c’è da fare una pausa e riconoscere che la coerenza, in questo caso, ha fatto rima con una sorta di evoluzione. C’è forza, c’è lucidità e una vitalità pronta a sorprendere. E personalmente, non posso che esserne piacevolmente “meravigliato”.
Summary
Century Media Records (2025)
Tracklist:
01. Dream Stealer
02. Illuminate The Path
03. March Of The Miscreants
04. A Million Suns
05. Don’t Look Down
06. Presage
07. Blood Dynasty
08. Paper Tiger
09. Vivre Libre (Blaspheme cover)
10. The Pendulum
11. Liars & Thieves