Interessante debutto in casa Francia con gli An Ocean of Void e il loro “spleen” intitolato The Great Escape. La formazione se la prende “comoda” e sforna un capitolo iniziatico bello spesso, che spicca per creazione, “sentimento” ed indubbie capacità trasformative. Non sarà difatti molto semplice riuscire ad inquadrare la band in un’area precisa o circoscritta, poterle dare una delle solite etichette di facciata che servono solo a liquidare in poche parole la musica implicata. Tirerei fuori post metal/rock e progressive, ma il rischio di deludere gli affezionati di entrambe le fazioni è quantomeno concreto, proprio perché gli An Ocean of Void evitano di fornire indizi evidenti, sia da una parte, che dall’altra. Con il loro modo d’operare “blando” ed eclettico riescono a generare insomma parecchia confusione ed è bello così, come se percepissimo l’anima del prodotto senza poterla definire esattamente/concretamente.
Uno dei punti forti l’ho trovato subito nella produzione, non esageratamente limpida ma reattiva quando si tratta di far parlare la parola “feeling”. Non ci sono particolari ghirigori ed è bello così, naturalmente bello così, perché finisci con il “respirare” ogni nota profusa da parte di ogni strumento senza correre il rischio di finire a lottare fra uno sbadiglio e l’altro. Certamente c’è ancora da lavorare per incattivire una platea più vasta ed esigente ma come album di debutto (possiamo dire che la sua innata forza è da ricercarsi proprio nel suo essere un’opera prima, amabilmente “avulsa” e privata da ogni tipo di “schema”) The Great Escape vale proprio al pari di una gustosa leccornia.
La breve introduzione di Diving in the Deepest Sea ci depone su Enigma, brano in grado di spiegare armoniosamente le varie sfaccettature della band (inizio alla Opeth e proseguimento bello acceso). Silent Storm ci mette in bocca un altro nome di probabile e fondamentale importanza per la band francese, mi sto riferendo ai Pain of Salvation e alla loro carismatica impronta, sicuramente The Great Escape finirà per rappresentare un importante sassolino a tal proposito. Si farà di tutto per mantenere alto il gusto dell’album, e la classica forma canzone viene spesso e volentieri “evasa” a favore di piccoli, quanto improvvisi, pungenti viaggi (occorre citare Resonance a questo punto). Nella seconda parte spiccano la settantiana -ma non solo- ed elegante Behind Red Clouds e la decisa A Faded Light (posta nel mezzo delle due parti denominate An Ocean of Void).
Le note fluttuano indolori, pregne di voglia di fare e di mostrare la vera anima che le abita. L’appetito vien mangiando e più ci inoltreremo nel prodotto più ci verrà voglia di analizzarne gli aspetti e i “perché”. Di sicuro si va a creare un bel contrasto fra eleganza strumentale e ruvidità vocale, un mix di sapori pronti ad irrompere in presa diretta. Piace The Great Escape, piace senza farti capire quasi come mai, questa sensazione devo ammettere mi “sconfinfera” non poco e la lascio dunque libera di agire a piacimento. Il disco s’impreziosisce sicuramente anche per merito di una copertina a dir poco metafisica.
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Summary
Inverse Records (2015)
Tracklist:
01. Diving in the Deepest Sea
02. Enigma
03. Silent Storm
04. Resonance
05. Behind Red Clouds
06. An Ocean of Void Part. I
07. A Faded Light
08. An Ocean of Void Part. II