Profanal – Black Chaos

Generalmente, quando parlo di death metal, sono due i nomi che mi piace ricordare: Scott Burns e Tomas Skogsberg, immortali capiscuola per quanto riguarda il nuovo e vecchio continente. Senza nulla togliere alla qualità delle band che si sono susseguite nelle loro sale prove, ma… quel feeling, quel tocco -così uguale eppure così diverso- che i due santoni riuscivano ad imprimere a certe produzioni primi anni ’90, oggi sono soltanto un lontano ricordo.

I Profanal, fin dai loro primi rigurgiti, vanno a (ri)scoperchiare proprio quel lurido periodo, affascinati soprattutto dalla chiave di lettura europea (“per Stoccolma sempre dritto!”). Peculiarità del combo livornese è la presenza, nel non facile compito di front vocalist, di una gentile quanto brutal donzella (già mi immagino un flashback nelle menti più morbose… Nuclear Death!). Riuscirà l’ex Putrefied Beauty, Rosy, a farci ripercorrere il Sentiero della Mano Sinistra?
Una cosa è certa: se dovessi farmi guidare dalla nostalgia, basterebbe già la cover art -a cui manca solo il monicker Nirvana 2002 per farmi promuovere la band col massimo dei voti. Cercherò quindi di tenere a bada facili entusiasmi e dare un giudizio il più obiettivo possibile.

Schiamazzi ossessivi spalancano le porte all’incombente Chaos Nero, un breve respiro e le prime note di Walls of Agony fanno esplodere un boato: “Sunlight, Sunlight!”. Ecco quello che voglio sentire quando penso alla morte, ecco quella sensazione di stordimento simile a quella che si può provare dentro ad una falegnameria in pieno orario lavorativo! Un sound cavernoso, con un volume esageratamente vicino alla saturazione (Pieces docet!) ci accompagna per tutti i 33 minuti del platter, il tutto impreziosito da quell’aura ruvida e sfumata, tipicamente God Macabre.

Promossa quindi la vomitata ritmica Daniele (mitico!)- Burki- Nicco, il “pericolo” principale del quintetto risponde al nome di Kristian, dotato della naturale quanto rarà qualità di spalare riff davvero emozionanti senza cadere mai nel banale (Black Chaos Horde e Into The Abyss Of Grief non sfigurerebbero di fronte a classici quali Brutally Deceased piuttosto che Before The Creation Of Time).
Tutto perfetto, quindi? Non proprio, almeno non per questa volta. So che potrò sembrare impopolare (forse perchè, a differenza di molti altri, riesco a tenere gli ormoni a bada quando si parla di musica) ma per quel che concerne la prova di Rosy ho un’idea leggermente diversa rispetto al delirio generale. Non fraintendetemi, la voce della selvaggia rossa è sicuramente vigorosa (forse anche più di certi colleghi barbuti!) ma troppo spesso piatta, priva di personalità. A livello puramente soggettivo, preferirei una cosa un po’ meno bestiale ma sicuramente più espressiva (il culto totale, in tal senso, è da ricercare tra i diaframmi di Dave Ingram e Johan Liiva… a proposito che cazzo di fine hanno fatto?!?). Non è tanto un discorso di originalità -termine che sarebbe da abolire quando si trattano certi argomenti- ma piuttosto quello di riuscire a crearsi un proprio trademark, un marchio di fabbrica essenziale per ogni band di qualità. Altra cosa che cercherei di curare con maggior attenzione sono i testi, certamente più maturi rispetto agli scherzi degli esordi, ma altrettanto migliorabili una volta scrollato di dosso (…perchè no?) il classico clichè dolore- morte- distruzione.

Difetti, questi ultimi, che non fermeranno comunque la mia corsa verso il botteghino più vicino: ovvio che se state cercando la band da copertina con suoni “perfetti” lasciate perdere e magari rivolgetevi agli Illogicist, se invece provate ancora qualche sentimento… seguitemi senza dimenticar di portarvi dietro almeno un deca. Profanal è il nome su cui puntare!

  • 75%
    - 75%
75%

Summary

Iron Tyrant (2012)

Tracklist:

01. Intro
02. Walls Of Agony
03. Into The Abyss Of Grief
04. Black Chaos Horde
05. Torment Of Saturn
06. Submission Of The Beast
07. Conquering Cemeteries
08. Worship The Skull
09. The Bright Light Of Death