Un tratto che calca, e che ripetutamente transita dove è già passato per lasciare l’ulteriore e – si spera – definitivo segno.
E’ difficile tramutare in parole il parco di emozioni che mi ha invaso durante l’ascolto di Caldera, opera prima per gli americani Pillar of Light. Siamo al cospetto di un album veramente “grosso”, autoritario ed imponente, una costruzione immensa che ci schiaccia solo alla vista della sua ombra.
I passi si fanno poderosi, pesanti, scanditi con calma traccia dopo traccia (se ne contano 7, e solo una agisce su un breve minutaggio strumentale di 3 minuti), attraverso una forma musicale in grado di raggruppare doom, post metal e sludge in tutt’uno per nulla scomposto o rattoppato alla bene meglio.
I Pillar of Light azionano un muro sonoro assolutamente efficace, sanno sempre come muoversi e come fare progredire il loro passo lento, ricco di riflessi liturgici e ritmati. Caldera sprigiona una forza magnetica di tutto rilievo e si rafforza in scia ad ogni minuto che si trascorre in sua compagnia. Tutta la nostra attenzione è pressoché fagocitata, raccolta all’interno di una produzione persuasiva e profonda, capace di cullare maternamente i suoni lungo le diverse tappe che ci attendono, anche a ridosso di alcune fermate, sino al suo totale spegnimento che ci lascerà in qualche maniera scossi ed orfani (si, è un disco che ti fa percepire subito un “click” e la sua assenza non appena concluso).
I vostri piedi affonderanno presto e quasi inconsapevolmente, guidati dalla prova vocale di Aaron Whitfield a dir poco accorta e “strascicata”, pura espressione di echi, di sentimento, sofferenza e malinconia. La sua voce si appiccica addosso come colla, fondendosi alla perfezione con il lavoro cerimoniale prodotto dai due chitarristi Alex Kennedy e Scott Christie.
Quando le note di Wolf to Man si espandono saremo già vittime di una formula inglobante, musica che si espande, che cerca di elevarsi rimanendo però molto carnale in tutto e per tutto. Non mancano all’appello momenti più classici come la funerea Leaving oppure Spared, dove le chitarre si staccano per dipingere gradazioni eteree (ricordando in ciò gli adorati Saturnus).
L’intensità sprigionata da Infernal Gaze rappresenta un altro punto cardine di Caldera, un brano pronto a scuotere e trascinare inesorabilmente. Dopodiché verremmo presi dalle vibrazioni e dalle scosse di Unseeing prima di finire dentro gli 11 solidi ed inquieti minuti di una monolitica Certain End.
Affrontate la musica griffata Pillar of Light se siete ascoltatori esigenti o esploratori, in ogni caso dotati della giusta componente di pazienza. Il loro Caldera “chiede davvero tanto” e sarà vietata ogni tipo di distrazione, e non a causa di canali particolarmente intricati ma solo per il carico emotivo al quale ci sottopone un disco del genere.
Suggella il tutto la copertina, opera del compianto Mariusz Lewandowski, l’ideale tratto visivo con le note create con tanta cura da questa band.
Summary
Transcending Obscurity Records (2024)
Tracklist:
01. Wolf To Man
02. Leaving
03. Spared
04. Eden
05. Infernal Gaze
06. Unseeing
07. Certain End