Paragon – Metalation

Essere nel 2024 e poter parlare ancora di Metalation e dei tedeschi Paragon è senza dubbio un bel traguardo.

I Paragon con Metalation varcano la porta del tredicesimo capitolo di una carriera votata al vero metallo. Mai una piega, mai un tentennamento, nemmeno adesso, dopo aver schivato l’ipotesi di uno scioglimento che ci avrebbe privato dell’ennesimo giro su questa loro ferrea e inossidabile giostra metallica.

I Paragon sono riusciti ancora una volta a celebrare una messa di sano heavy/power metal, e per descriverla si potrebbe benissimo riprendere ciò che scrissi per Hell Beyond Hell. Basterebbe la foto della nuova copertina, un voto e tanti bei saluti. Il resto, ormai, è un contorno noto e – diciamocelo – perfettamente inutile.

Eppure proviamoci a parlare di questa band. Una band per la quale non smetterò mai di entusiasmarmi. La loro rocciosità teutonica è uno stampo indelebile su cui tornare ciclicamente a vivacchiare. Un po’ come accade con altre formazioni ben conosciute che emergono naturalmente all’ascolto di Metalation e dei suoi nove nuovi brani: Grave Digger, Gamma Ray, Iron Saviour (con Piet Sielck alla produzione, che infila la sua ascia stridente nella veloce MarioNET e lascia il segno anche su The Haunted House), Primal Fear (il refrain di Battalions potrebbe benissimo appartanere a loro) e Manowar.

Le chitarre dello storico Martin Christian – da tempo affiancato da Jan Bertram – irrompono e sconquassano già dalle prime, impervie note di Fighting the Fire, traccia d’apertura che ha l’onore di riconsegnarci un nuovo capitolo della tellurica formazione. E non si potrebbe chiedere di meglio per iniziare.

Il basso di Jan Bünning dilania Slenderman. Un brano forgiato nell’acciaio più puro, dove il solito Andreas Babuschkin si diverte ancora un casino con la sua gloriosa voce. L’epicità ci piomba addosso con l’arrivo di Beyond the Horizon, pre-chorus stregonesco e refrain che si apre con potenza per uno dei brani cardine dell’intera opera.

The Haunted House è quel brano corale che a loro riesce sempre benissimo. Solidità assoluta, zero fronzoli, e via spediti su quella strada conosciuta a menadito. Un altro passaggio fondamentale che si fa spazio con prepotenza. Burn the Whore, invece, rappresenta forse l’anello più debole del disco. Non è un brano mal riuscito, intendiamoci, ma abbassa un pochino l’entusiasmo che fin lì restava costantemente alto.

Metalation si chiude con la title track – “When darkness prevails / Metal – our holy grail!” – e con My Asylum. La prima è una reazione viscerale al momento di crisi, un invito a non mollare la strada scelta e ancora percorsa, nonostante tutto.

Bissare il livello del precedente Controlled Demolition non era impresa semplice: serviva davvero tanto. Le difficoltà incontrate nel frattempo dalla band di certo non hanno aiutato il processo. Eppure, Metalation svolge più che dignitosamente il suo mestiere, e noi possiamo tornare (con rinnovata gioia) dove sappiamo bene: a procurarci quest’ultima, massiccia colata di cemento armato.

70%

Summary

Massacre Records (2024)

Tracklist:

01. Fighting The Fire
02. Slenderman
03. Battalions
04. Beyond The Horizon
05. MarioNET
06. The Haunted House
07. Burn The Whore
08. Metalation
09. My Asylum

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