Orbiter – Hollow World

Dalla Finlandia e tramite Argonauta Records arriva per vie direttissime il disco d’esordio degli Orbiter, creatura stoner/doom che si presenta senza troppi giri di parole, con caratteristiche solide/pratiche, ricche di groove ma pure dannatamente intime.

Il loro Hollow World farà scattare la “trappola” nei nostri confronti, i suoi 37 minuti appaiono da subito molto confidenziali, ricchi di un sentore struggente non troppo dissimile da certe ondate grunge d’annata e al contempo mantengono il rispetto nei confronti dei classici stilemi del genere. Gli Orbiter indovinano le movenze, azzeccano il tiro grazie ad un riffing altamente ispirato e buttano giù sia le muraglie visive che quelle nascoste e colme di sentimenti poste al nostro interno.

Un lavoro a fianchi e mente che dovrebbe portare ad una certa euforia in sede di ascolto. Stiamo parlando di appagamento, di quello vero e completo, quello capace di spargere i suoi semi già durante una prima esplorazione salvo migliorare visceralmente con quelle successive.

La creazione della band risale al 2014 ed il percorso di avvicinamento a questo Hollow World non deve essere stato certamente dei più comodi. Tuttavia dalle difficoltà si ottengono i frutti migliori, così i Nostri hanno trovato nella voce di Carolin Koss (arrivata nel 2019) il puntello decisivo per dare forma definitiva alla loro musica, musica che esplode oggi, possente quanto delicata su un disco calibrato e voglioso di stregare a dovere il suo fruitore.

Si assiste ad una crescente massa fumosa durante l’attacco della prima in scaletta Silence Breaks, chitarre, basso e batteria (rispettivamente di Alexander Meaney, Tuomas Talka e Sami Heiniö) creano l’amalgama sulla quale si posano le linee vocali di Carolin. Non ne sbaglierà una per tutto l’album quindi mi sembra inutile scendere su ulteriori dettagli. Ci basta il suo timbro capace di fare coabitare il freddo con aspetti confortevoli, pieno di una carica malinconica che è manna per lo spirito per non dover pensare ad altro.

Poi arriva lei, la breve Beneath, un brano che è una hit clamorosa per quanto mi riguarda. La perfezione tra impatto burrascoso e melodie meste/sfuggenti che ti si inchiodano nel cervello senza il bisogno di proferire mezze misure.

La title track cerca maggiore riflessione e compostezza, a suo modo sciamanica lancia al meglio l’altro pezzo slanciato del lotto che risponde al nome di Raven Bones (mi inchino al suo ritornello). Le note psichedeliche della strumentale Transmissions ci portano alla fase finale di un disco in grado di snocciolare canzoni importanti come l’acustica e struggente Under Your Spell e la rituale ed ipnotica Last Call (le cui strofe sono null’altro che pura stregoneria).

Un tiro che scava nel profondo e crea contrasti quello prodotto dagli Orbiter che fanno tesoro dell’esperienza e delle difficoltà accumulate. Di colpo bruciano le tappe e ci presentano questo Hollow World, un disco che li mette istantaneamente sotto i riflettori che contano. Stile, caparbietà coraggio si agitano all’interno di note che lasceranno il segno.

77%

Summary

Argonauta Records (2023)

Tracklist:

01. Silence Breaks
02. Beneath
03. Kolibri
04. Hollow World
05. Raven Bones
06. Transmissions
07. Under Your Spell
08. Last Call