I francesi Oïkoumen iniziano la loro carriera con un primo full-lenght intitolato Dystopia.
La raffinatezza del metal sinfonico è il nucleo sul quale partono le strutture di questa band che cerca di sgomitare per ritagliarsi la sua piccola fetta di notorietà. Capacità tecniche non mancano di certo a questo terzetto guidato dal chitarrista e compositore Elie Veux e dalla voce di Laura Mazard.
Impossibile non pensare a formazioni come Epica o Edenbridge quando si ascolta il loro Dystopia. Gli Oïkoumen emanano professionalità da ogni poro e l’unica pecca di questo loro primo disco potrebbe essere quella della durata, visto che a mio parere l’album poteva venire tagliuzzato qui e là per renderne un pochino più snella ed efficace l’esperienza di base.
Le composizioni degli Oïkoumen fanno leva su una spiccata impostazione che abbraccia termini come progressive e djent senza però porli come influenze dominanti (se si vorrà battere su di loro in futuro bisognerà aumentare l’impatto tramite una produzione adeguata). Saranno difatti generi usati in qualità di appoggio, pronti a seguire una traccia, un lampo che possa scuotere l’andatura di brani che spingono la corrente verso un ascoltatore ricettivo e masticatore di un giusto grado melodico.
Sicuramente il lavoro profuso con intelligenza da Elie Veux non è mai scontato, e cerca di non andare a fossilizzarsi su dinamiche ripetitive. L’impostazione da opera di Laura Mazard dominerà in lungo e largo i pezzi rievocando l’operato di stelle affermate come Simone Simons e Tarja Turunen.
Tocchi elettronici faranno qualche accorta comparsa (da questo punto riuscitissima Burnout, che credo di poter eleggere come traccia migliore del lotto) senza mai snaturare il lavoro centrico della chitarra.
Dystopia è senza dubbio un buon trampolino di lancio. Un disco che cerca di far fare agli Oïkoumen un piccolo-grande passo verso palcoscenici importanti. Il genere scelto non è dei più semplici da trattare ma si sente che sotto si agita la sostanza, una sostanza che deve capire solo dove e come sintetizzare forze e un dato discorso.
Si cerca il consolidamento della confidenza, non a caso i brani migliori arrivano da metà disco in giù. Pezzi come l’hit Green Warriors, la tragica Five Elements o l’ultima, drammatica e “sperimentale” Utopia (nove minuti che mi hanno davvero coinvolto) hanno il pregio di lasciarci di Dystopia un bel ricordo ricco di buone speranze per il futuro.
Summary
Autoproduzione (2022)
Tracklist:
01. Dystopia
02. Insidious
03. Slaughterhouse
04. Blood Ores
05. Contamination
06. Burnout
07. Green Warriors
08. Five Elements
09. Amandla
10. Utopia