One man band proveniente dall’Irlanda qui al debutto discografico, un debutto che suggella un’intensa prima parte di carriera, proponendo una sorta di ritrovo speciale, con la presenza di diverse canzoni già “virtualmente” deposte nelle mani di quel pubblico più attento e ricettivo nei confronti dei piccoli spostamenti underground.
Nuovo e vecchio sono pronti a scontrarsi all’interno di Nathrach (disco edito dalla Naturmacht Productions anche se uscito l’anno prima con tracklist diversa ed un paio di brani in meno). L’impatto sarà fragoroso (decisivo nel muovere i fili del gradimento), come se ci trovassimo al cospetto di due elementi ignari dell’altrui presenza, i risultati comporteranno un discreto senso di confusione, poca chiarezza che non gioverà certamente ai fini della semplice fruizione.
L’esordio dei Norot è convincente ma solo a tratti, il rischio di perdere concentrazione (ed acquistare sonnolenza) sarà concreto lungo l’oretta imbastita dalle undici tracce incluse. Al momento posso parlare a malincuore di occasione persa (anche se non completamente), e lo dico con non poco fastidio, dopo aver realizzato la non comune capacità del progetto di formulare musica ritualistica, dotata pure di un fattore epico tutto suo (la provenienza in qualche modo ci mette lo zampino, tanto che in alcuni frangenti penserete a qualche progetto loro connazionale).
Da questa prospettiva il disco acquisisce sicuramente più valore, intorpidimento e trance saranno sensazioni centriche, perfettamente esplicative circa il concept riguardante la simbologia del serpente e la relativa gnosi. Le canzoni cominciano un loro percorso interiore, una sorta di erosione avvertibile già ad un primo fugace ascolto. Nonostante le belle intenzioni professate (perché no, anche bene esposte), a rimanere sarà un chiodo fisso (definiamolo un sentore) impenetrabile, un vocina inusuale e sconosciuta, pronta a pendere a sfavore di Nathrach. Sarà lo strano effetto “collage” o altro, proprio non lo so, la speranza è che qualche pezzetto manchi infine solo al mio gusto e giudizio.
Si ricordano con piacere l’anestetizzante incedere di Lightbearer e The End of all Things, la cruda violenza istrionica di The Dreaming Maelstrom o l’oscura ritualità di Serpent of Fire (fascino primordiale dominante). La tavola imbastita dai Norot è ricca ma volta unicamente nei riguardi di una concreta e rude negatività. L’antico che prevale per un sorta di “miracolo” solo accennato (non dimentichiamo le fattezze da demo del prodotto, alcune cose cambierebbero solo in meglio in termini numerici), si resta comunque tranquilli e in piacevole attesa di buone nuove, possibilmente ancor più singolari ed eclatanti.
Spezzoni atmosferici, grezze cavalcate, momenti di elevazione, si è ben capito di come Nathrach abbia solo bisogno di una bona dose di sacro tempo. Ci sarà concesso ritrovarci dentro la sua paziente maternità? Un disco che va vissuto a “cervello spento”, sarà illuminante godersi i suoi pregi, così tanto che i difetti saranno pronti per una pratica ed immediata cancellazione.
Summary
Naturmacht Productions (2015)
Tracklist:
01. The Old Serpent
02. Lightbearer
03. The Dreaming Maelstrom
04. Haunted Sleep
05. Vast and Luminous
06. The End of all Things
07. The Howling Void
08. Her Woven Abyss
09. A Bitter Harvest
10. Lunar Acendant
11. Serpent of Fire