Opprimente senso di distanza e malinconia, è giunto finalmente tempo di spendere due parole per il terzo passo discografico dei Lethian Dreams, tempo di ripiombare pesantemente su atmosfere gotiche e rarefatte, di tornare alla loro tipica lentezza, un’autentica e schiacciante marcia capace di mordere, senza però mai mollare la presa dall’inizio alla fine.
Dovrei essere sincero e mandarvi a rileggere le righe spese per il precedente Season of Raven Words, perché calzerebbero a pennello sopra alla nuova fatica Red Silence Lodge, però c’è anche da dire che alcune lievi differenze arrivano a sussistere, cercheremo dunque di capire se significheranno meglio o peggio per la nostra intima e particolare sfera dimensionale.
La prima caratteristica che balza all’orecchio è una staticità più spiccata ed evidente, il grado etereo giunge ad affogare letteralmente le movimentazioni più arzille, non che queste fossero così numerose prima, però potremo presto notare la volontà con la quale i Lethian Dreams hanno cercato questa caratteristica, come se la missione principale fosse quella di togliere quella sorta di umanità superflua rimasta chiusa ed incastrata come un riverbero, nella loro ossatura. La scelta va sicuramente controtendenza, contro le classiche leggi del mercato, perché non si tenta di ampliare il proprio raggio, anzi in qualche modo è come se cercassero di chiuderlo ulteriormente; tutto questo alimenta la stima nei loro confronti e li erge ancor più di prima nella speciale categoria di artisti con la a rigorosamente maiuscola.
L’artwork bianco sembra suggerire purezza, ed è proprio questa la parola ad entrarti in testa una volta lasciata partire la title track. Si resta sospesi, in bilico, spinti -senza forza- dalla voce di Carline Van Roos, autentica musa di tutto l’etereo che potrete riuscire ad immaginare. Ogni canzone un passo, e se non si è avvezzi all’attesa o alla capacità di spostamento da dove effettivamente si sta, finirà presto per diventare il classico ostacolo insormontabile. Le tastiere sono come spiriti, le chitarre danno la confortevole idea d’essere apatiche quando a conti fatti sono tutt’altro. La registrazione intanto agglomera bene l’insieme facendo filtrare quella luce opaca che impareremo -si spera- ad amare (ditemi come poter resistere a Dust, io rimango puntualmente pietrificato ogni volta).
Red Silence Lodge non è logicamente affare per tutti, quando determinati dischi arrivano a chiederti un investimento così totale, sono poi in tanti quelli a non farcela, e puntualmente si ritraggono, schiavi completi della parola noia. Certi lavori bisogna saperli maneggiare, sapere esattamente ciò che ti stanno per chiedere in cambio, altrimenti non si arriverà mai a capire il perché di un voto così positivo mentre invece si sta lottando, completamente inzuppati dentro la monotonia.
Monotonia, ma che dolce monotonia, i Lethian Dreams ne hanno catturato l’essenza, la sua parte positiva, per poterla racchiudere su lontane, evanescenti note musicali. Per quanto mi riguarda bissano esattamente il valore del disco prima, Red Silence Lodge è un’altra pura e semplice prova, tentatrice di sogni e passioni.
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Riassunto
Orcynia Records (2014)
Tracklist:
01. Red Silence Lodge
02. Shades
03. Dust
04. Midwinter
05. Leaving Light
06. Don’t Hold On To Me
07. Black Winds