Lacuna Coil: Recensione del Decimo Album Sleepless Empire – Un lavoro di Passione e Potenza
Dopo sei anni di attesa, finalmente arriva Sleepless Empire, il decimo album dei Lacuna Coil. Non ho avuto occasione di recensire il precedente Black Anima (ma magari ci tornerò in futuro), tuttavia, è doveroso condividere quanto l’abbia apprezzato e ascoltato in loop, tanto da considerarlo uno dei loro lavori migliori. Pur sapendo che questa affermazione potrebbe sembrare blasfema agli occhi dei fan più accaniti, è solo per farvi capire l’attesa spasmodica che ha preceduto l’ascolto di Sleepless Empire.
Credo che nella loro discografia tolti 1 o 2 album ci sia un livellamento tale che ogni ipotetica classifica che parta dal “migliore al peggiore” sia completamente differente da quella fatta dal tizio subito accanto a noi. Ecco, penso che Sleepless Empire arrivi giusto in tempo per scompigliare ulteriormente le certezze di taluni, di sicuro rappresenta l’ulteriore gradino verso l’alto in termini di professionalità e suoni che appaiono oggi veramente autoritari, decisi e colmi di potenti vibrazioni.
Anche l’aspetto visivo è curato nei minimi dettagli, e in questa occasione i Lacuna Coil decidono di collaborare con due ospiti speciali: Randy Blythe dei Lamb of God in Hosting The Shadows e Ashley Costello per In The Mean Time. L’artwork è oscuro, evocativo e misterioso, aumenta certamente l’impatto generale dell’album, creando un pacchetto completo che stimola curiosità e interesse.
Cristina Scabbia continua a stupire con la sua voce straordinaria. La sua performance su Sleepless Empire è semplicemente “oltre categoria”. Con una gamma vocale che spazia tra passione, intensità e virtuosismo, Cristina sa come incantare l’ascoltatore in ogni brano, con un’espressività che arricchisce ogni traccia.
Il disco si apre con The Siege, che impressiona per la sua raffinatezza e la forza del ritornello, con Andrea e Cristina che si alternano per creare un perfetto equilibrio (c’è molto comfort al suo interno). La successiva Oxygen scuote con un riffing grasso e potente e il protagonismo vocale di Cristina, mentre Scarecrow e Gravity richiamano un pochino la pesantezza epica del già menzionato Black Anima. Scarecrow potrebbe richiedere qualche ascolto in più per apprezzarne appieno il ritornello “enigmatico”, ma il duetto tra i due vocalist (Andrea offre qui una delle sue migliori situazioni dell’intero disco) e le chitarre corpose sono sicuramente uno dei punti più alti dell’album.
I Wish You Were Dead è un pezzo che non lascia scampo: breve, melodico e irresistibile. La sua miscela di vibrazioni gotiche e orecchiabilità la rende una hit immediata e nostalgica, quella che non ti levi pià dalla testa insomma. Anche su Hosting the Shadows si richiamano atmosfere passate (il suo ritornello “radiofonico” irrompe con meraviglia), mentre In Nomine Patris si farà sentire grazie al suo passo autoritario e deciso.
La title track va in “sospensione” e con il ritornello Cristina entusiasma senza mezze misure cosi come in quello della successiva e sorniona Sleep Paralysis. In The Mean Time, purtroppo, non regge il confronto con i brani precedenti (a mio gusto il brano meno forte dell’intero album senza ombra di dubbio), risultando forse il pezzo più debole dell’album, ma la qualità tornerà con la potente chiusura di Never Dawn.
I Lacuna Coil non ci deludono dimostrando di avere ormai una confidenza specifica con i propri limiti. Le idee sono sempre molto chiare e i ragazzi danno sempre la sensazione di sapere come plasmarle ed attuarle. Sleepless Empire è un disco tinto di cupezza, riflessione e forza, con una produzione impeccabile e un sound al top della loro carriera. Senza dubbio, soddisferà i fan di lunga data, ma allo stesso tempo ha il potenziale per conquistare nuovi ascoltatori grazie alla sua intensità e all’impatto emotivo.
Summary
Century Media (2025)
Tracklist:
01. The Siege
02. Oxygen
03. Scarecrow
04. Gravity
05. I Wish You Were Dead
06. Hosting The Shadow
07. In Nomine Patris
08. Sleepless Empire
09. Sleep Paralysis
10. In The Mean Time
11. Never Dawn