Kolp – The Covered Pure Permanence: marciume ungherese in mid-tempo
Nel 2010 gli ungheresi Kolp facevano il loro ingresso sulla scena grazie all’ottima Temple of Torturous. Con The Covered Pure Permanence, il duo formato da Jim Jones e Knot mirava a offrire all’ascoltatore un black metal puro e crudo. Fatto di cadenze lente e oppressive. Se il marciume sonoro che trasuda da ogni solco è ciò che vi accende, ovunque e comunque, questa release potrebbe facilmente trascinarvi nel suo abisso.
Per entrare nel giusto mood, bisogna rifarsi alla formula introdotta a suo tempo dai Tulus (e poi portata avanti dai Khold). Quella fatta di sezioni lente e agonizzanti, protagoniste di una narrazione musicale funesta. La differenza è che i Kolp arrivano a suonare in modo quasi “doom” (ma non inteso nel senso canonico del termine), con l’elemento nazionale a influenzare fortemente la mancanza della classica aura nordica.
La voce, distorta e lacerante, spesso cede il passo all’incedere ritmico dei brani (pur restando apprezzabile la prova di Jim Jones), mentre i tempi lenti faticano a trovare sbocchi immediati.Le parti più movimentate sono in netta minoranza, come se avessero il solo scopo di fornire supporto a un insieme altrimenti difficile da assimilare.
L’ascolto rivela comunque passaggi degni di nota: Attrited, la scheggia Alienation, l’inizio di All Desolate e la conclusiva Pass…Enter…Dissolve (decisamente esaltante, va detto). Gli ungheresi amano il mid-tempo, e non fanno nulla per nasconderlo. Le suggestioni “rock’n’roll” affiorano qua e là, ma il contesto dominato da un marciume viscerale finisce per assorbirle inevitabilmente.
La copertina riflette perfettamente le sonorità di The Covered Pure Permanence: decadenza, squallore e disagio, elementi che si insinuano fin dal primo ascolto per non lasciare più la presa.
Loro ci provano, e qualcosa resta
Detto ciò, i Kolp hanno ancora molta strada da fare prima di riuscire a stupire davvero. Dobbiamo comunque riconoscere ai Kolp il merito di essersi cimentati in un suono inusuale, certamente meno battuto rispetto a formule più sicure e redditizie. Il feeling c’è, ed è splendidamente malsano, ma serve ancora lavorare sul songwriting, perché alcuni brani risultano incollati tra loro in modo troppo forzato.
Chi si nutre di black metal underground sa già cosa aspettarsi (e quanto eventualmente investire). Da parte mia, non posso che offrire un supporto, seppur cauto, consigliando quest’uscita a tutti quei divoratori seriali di produzioni poco note. In fin dei conti, The Covered Pure Permanence riesce a svolgere dignitosamente il suo sporco lavoro.
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60%
Riassunto
Temple of Torturous (2010)
Tracklist:
01. Attrited
02. The Covered Pure Permanence
03. Lost Horizon
04. Alienation
05. All Desolate
06. Flickering Lights
07. The End of Beginning
08. Lay to Meaninglessness
09. Pass…Enter…Dissolve