HateSphere – Hatred Reborn

I tempi difficili non scalfiscono la voglia di eruttare nuovi famelici dischi da parte degli HateSphere, ed è così che in questo 2023 accogliamo l’undicesima prova della band danese.

Nel 2018 si era consumato il ricongiungimento “catartico” con Scarlet Records. Il rapporto con l’etichetta italiana era stato a dir poco “storico”, ed aveva prodotto dischi di qualità conclamata come l’omonimo debutto, il grandissimo Bloodred Hatred, Ballet of the Brute e The Sickness Within uscito poi nel 2005.

Da quel momento sarebbe iniziato un periodo di alterne fortune per Peter Lyse Karmark e i vari soci del momento, ma l’approccio dei Nostri è rimasto saldo, quadrato, e la presenza live sempre molto costante, dando l’opportunità al nome HateSphere di continuare a circolare tra gli affezionati del settore.

Così arriva oggi Hatred Reborn, un disco senza mezze misure, un disco convincente su tutta la linea, capace di tenerci incollati alle casse lungo tutti i suoi dieci brani.

Il trademark è sempre quello, con la chitarra di Peter Lyse pronta a “zampettare” con irruenza sulle corde. Il trash/death della band danese è spinto, si concede i dovuti e particolari anthem e colpisce con efficacia con un songwriting impeccabile, figlio dei migliori prodotti passati.

E’ per me un piacere immenso poterli ascoltare in una forma così smagliante, con una voglia ritrovata di fare più che bene e la ferrea intenzione di imprimerci profonde cicatrici addosso.

Se potessimo immaginare il prodotto perfetto da parte degli HateSphere oggi quello sarebbe Hatred Reborn, questo è poco ma sicuro. Non c’è una sola canzone fuori luogo, tutte lavorano con muscoli alla riuscita di un disco che ci terrà incollati alle casse sino al suo spegnimento.

Sono le rullate della title track a dare il benvenuto al nuovo cantante Mathias Uldall (proveniente dai Royal Deceit). Il suo impatto ha decisamente fatto del bene agli HateSphere portando con sé rinnova carica e la voglia di spaccare ogni brano come se fosse l’ultimo.

Non si può lasciare scorrere Hatred Reborn senza ottenere in cambio scariche d’adrenalina di una certa importanza. L’apporto melodico non sminuisce l’impatto e lavora ad ampio raggio senza apporre ostacoli alle manovre intuitive della formazione.

Cutthroat si lascia tentare dal lato hardcore prima di sganciare i “calibri grossi” Gravedigger (refrain di presa e solito assolo che gasa e nasce alla grandissima) e Darkspawn (già seria candidata come una delle migliori canzoni del 2023 per quanto mi riguarda).

Hatred Reborn come già detto non cova mai l’intenzione di spegnersi, così si vivranno le diverse mutazioni della lunga ed intraprendente 918 (con una coda particolarmente nera), la ficcante The Truest Form of Pain (ah, quel riffing, quel dannato riffing), Brand of Sacrifice e l’ultima sfacciata botta a nome di Spitting Teeth.

Gli HateSphere ci consegnano le chiavi di un disco da ascoltare a ripetizione. Hatred Reborn è una sorpresa “non sorpresa”, una gioia per chi cerca impatto e dinamismo.

75%

Summary

Scarlet Records (2023)

Tracklist:
01. The Awakening
02. Hatred Reborn
03. Cutthroat
04. Gravedigger
05. 918
06. Darkspawn
07. The Truest Form Of Pain
08. Brand Of Sacrifice
09. A Violent Compulsion
10. Spitting Teeth