Grave Digger – Bone Collector

Aprire il 2025 con i Grave Digger è certamente di buon auspicio. La formazione tedesca prosegue imperterrita la sua carriera, continuando a sfornare dischi in successione senza paura e con l’orgoglio seduto al proprio fianco.

Dopo Symbol of Eternity avevamo avuto il progetto denominato Chris Boltendahl’s Steelhammer, la qual formazione prende oggi ancor più senso visto l’ingresso nei Digger del chitarrista Tobias Kersting (ex Orden Ogan). Il cambio con Axel Ritt (in sella con loro dal 2009) da certamente uno sprint diverso al tutto, si avverte una piccola ventata di freschezza (per quanto questo termine possa calzare loro), o quantomeno di “scelta” al momento di martellare giù con i classici giri che contraddistinguono la band.

Ho avvertito Bone Collector come più agile, come se i Grave Digger lo avessero composto con più rilassatezza, senza troppi pensieri e senza nulla da perdere. Le tracce si danno il cambio con spontaneità e non si avvertono clamorosi tonfi nel corso della tracklist.

Diciamo che questo lavoro è un pochino atipico per loro perché mantiene una linea e la persegue con orgoglio sino alla fine. Così se nulla appare “terribile”, a questo giro mancano anche i brani con quel quid in più, c’è proprio un livellamento totale a rendere se vogliamo strano e particolare il tutto.

Tre quarti d’ora coesi e che ci bastonano bene bene prima di andare a finire con l’ormai classico “andamento melodico” di Whispers of the Damned (The Banality of Evil), una chiusura coi fiocchi, capace di fare il suo, di farsi ricordare, e di lasciarci addosso il sapore di non aver buttato via del tempo.

La title track apre l’album con pugni saldi, il classico del classico, un inno che non perde tempo e non smarrisce la via, indirizzando l’album nel verso consono. A seguire troviamo l’ottima accoppiata bridge-refrain della diretta The Rich the Poor the Dying e lo stampo quadrato di Kingdom of Skulls.

L’arrivo di The Devils Serenade concede più di qualcosa al lato catchy con un ritornello che potrà smuovere gli accaniti sostenitori dal vivo. A seguire troviamo la gradevole e di trasporto Killing Is My Pleasure (The Iceman) e il chorus di presa offerto da Mirror of Hate (che un po’ di nostalgia la procura).

La seconda parte si apre con Riders of Doom (iniziale riff spacca collo e poi un poco di oscurità ad aleggiare) e prosegue con la sciabolata di Made of Madness dotata di un bridge che è molto di più di un marchio di fabbrica. Puro metallo spiattellato “in your face” con Graveyard Kings prima di una Forever Evil & Buried Alive pronta a spingere ancora ma con la dote di avere un ritornello più “arioso”.

Insomma hanno ancora soluzioni da tirare fuori dal cilindro Chris Boltendahl e combriccola. I Grave Digger non indietreggiano e continuano con ostinazione a suonare il loro roccioso heavy/power metal senza alcuna paura. Avanti così che questo Bone Collector cala bene senza procurare pruriti e indecisioni varie, un altro giro guadagnato sulla giostra del caro becchino.

63%

Summary

Reigning Phoenix Music (2025)

Tracklist:

01. Bone Collector
02. The Rich, The Poor, The Dying
03. Kingdom Of Skulls
04. The Devil’s Serenade
05. Killing Is My Pleasure
06. Mirror Of Hate
07. Riders Of Doom
08. Made Of Madness
09. Graveyard Kings
10. Forever Evil & Buried Alive
11. Whispers Of The Damned

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