Gli Equilibrium arrivano all’importante traguardo del terzo disco e cambiano sia il batterista che il vocalist, il nuovo singer Robert “Robse” Dahn arriva direttamente dai Vrankenvorde donando all’opera Rekreatur l’unica importante diversità rispetto al recente passato. Ora il reparto vocale appare più vario grazie ad un più esteso uso del cantato growl. Sta ai nostalgici decidere se avere rimpianti o meno, da parte mia posso solo dire che questo non è affatto il “primo dei mali” di Rekreatur.
Ci sono diverse situazioni da tenere in considerazione per pesare il valore del nuovo nato, indubbiamente è un disco riuscito e soddisfacente in generale, i seguaci più accaniti della band saranno entusiasti al 100% visto come la loro tipica formula sia ancora ben radicata e proposta sulle nuove composizioni. Chi invece li ha sempre evitati potrà continuare a farlo tranquillamente -senza quella paura del “e si mi sto perdendo qualcosa?“- poiché la musica è sempre quella sorta di folk epico sinfonico (rivestito accuratamente di plastica in fase di produzione) che tanto tira ultimamente.
Io mi metto in una situazione “di stallo”, rimango legato all’esordio Turis Fratyr e reputo Sagas ben meglio rispetto a Rekreatur, ma se lo si guarda dall’ottica del loro standard tipico, ma soprattutto per quello che loro vogliono ottenere con il loro lavoro, rimane sicuramente disco riuscito e degno di considerazione.
Il meglio di Rekreatur lo troviamo a mio modesto parere in partenza, l’opener In Heiligen Hallen non mostra difetti, è epica e gloriosa, presenta i nuovi Equilibrium al top della forma (con il pesante spettro dei Bal Sagoth a vigilare sornione e magari non riscontrato molti ignari). La seguente Der Ewige Sieg è il classico pezzo catchy da sfruttare al meglio in territorio live, molto bello il ritornello rallentato che va subito messo fra le cose migliori dell’intero disco.
Verbrannte Erde è molto heavy e rocciosa, le parti tastierose sono meno opprimenti, e legano meglio con il resto che riesce ad emergere in maniera maestosa ed impattante, anche la grossa prestazione vocale conferisce il proprio prezioso aiuto, il pezzo diventa in breve tempo il mio preferito. Da questo punto in poi il disco perde però del valore (la migliore di queste è la penultima Wenn Erdreich Bricht e non a caso ritorna una certa oscurità di fondo), la formula resta la medesima ma è la resa a calare drasticamente, tuttavia si creano ancora situazioni piacevoli, ma sono purtroppo quei tipici “fuochi di paglia” in grado di non dare la giusta continuità al prodotto.
Il refrain di Der Wassermann per quanto gradevole mi ricorda qualche sigla televisiva ascoltata chissà quando (non sarebbe un male, solo che non voglio pensare alla televisione quando ascolto gli Equilibrium) e quella che dovrebbe essere la ciliegina finale con il suo quasi quarto d’ora di durata (la strumentale Kurzes Epos) diventa solamente un maldestro tentativo d’autocitazione o d’autocostrizione. Sarebbe calzata meglio in qualche cd bonus o possibile “best of” futuro, di orchestrazioni è già pieno il disco e sono dell’idea che un brano del genere lo devi fare solo se hai del materiale spiccatamente superiore, altrimenti corri il rischio di trasportare l’ascoltatore verso il nulla cosmico.
Ho sempre considerato la band tedesca come l’erede dei Bal Sagoth (e primi Thyrfing), da loro riprendono certi motivetti, l’incedere spedito e l’amore per le orchestrazioni epicheggianti. La diversità sta nelle abbondanti dosi folk e nelle strane situazioni esotiche che a mio parere mal si adattano alla loro musica (tutte le volte i miei occhi rivedono magicamente quegli “Indiani ambulanti” che talvolta si incontrano per le strade con i loro strumenti e i loro cd in vendita). Ma probabilmente quello che stanno diventando “va contro” il mio approccio d’ascolto, i loro brani danno troppo l’idea di effetto collage e oltre alle parti meglio riuscite di tastiera resta ben poco.
C’è davvero “troppo” nel suono (immagino la band radunata a buttare oggetti a caso dentro una pentola, ma attenzione perché potrebbe finire per scoppiare) e molte volte questo porta ad un vicolo cieco dove tutto sembra inserito a casaccio.
Per concludere volevo sottolineare anche la bruttezza della copertina che da sempre mi appare in testa ogni volta che devo pensare agli artwork peggiori della storia.
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Summary
Nuclear Blast (2010)
01. In Heiligen Hallen
02. Der Ewige Sieg
03. Verbrannte Erde
04. Die Affeninsel
05. Der Wassermann
06. Aus Ferner Zeit
07. Fahrtwind
08. Wenn Erdreich Bricht
09. Kurzes Epos (Instrumental)