L’avanzamento discografico del monicker Ekove Efrits prosegue con risoluta noncuranza. Ormai non stupisce più di tanto vedere l’evanescente dilatazione sonora intrapresa con fermezza da Count De Efrit.
Il suo progetto continua l’esplorazione dei meandri più bui e nascosti dell’animo, della negatività e del senso vacuo della vita. Un percorso che prende sempre più le distanze dalla fonte primaria (quel black metal dilaniante e depressivo degli esordi), per abbracciare territori dark/gothic/trip hop, plumbei e liquidi. Le chitarre elettriche però sopravvivono. Incastrate qua e là, accompagnate dai consueti scream sofferti (ma qui va aperta una parentesi, perché il comparto vocale merita un discorso a parte) e sembrano poste appositamente per non spezzare del tutto il legame col passato.
Mi sento di promuovere questa scelta. Il risultato è ancora una volta interessante, come lo fu con Conceptual Horizon, e ancora una volta poco immediato. Bisogna sapersi calare nel giusto mood (sì, Nowhere rischia davvero di non trasmettere nulla se lo affrontate nel momento sbagliato), ma nel suo piccolo e oscuro lavorio, il nome Ekove Efrits comincia ad assumere una forma, seppur ancora molto astratta. Un approccio fatto di elementi poco comuni, legati tra loro da intrecci sonori particolari.
Durante l’ascolto di Nowhere vi verranno sicuramente in mente altri nomi (razionalmente, la proposta non è tra le più personali o sorprendenti). Ma quando sarà il momento di tirare le somme, sarà chiaro che si tratta di musica che appartiene solo ed esclusivamente al mondo di Ekove Efrits. Ed è giusto così. È giusto esaltare chi, da tempo, lavora in solitaria al servizio della musica, ottenendone in cambio ben poco, se non briciole.
Arpeggi cari alla scena dark piovono delicati, senza fretta, ma cercano anche di risultare il più possibile diretti. La voce di Count De Efrit si muove tra scream, toni più profondi, deviati o teatrali. Ma la vera sorpresa – e, immagino, principale ispirazione della particolarità del disco – è la presenza costante di Megan Tassaker (presa in prestito dai compagni di etichetta Lycanthia) come voce femminile. La sua voce impreziosisce il tutto con eleganza e conferisce alle tracce un forte senso etereo, capace di portare quella ventata di novità di cui la musica della band aveva bisogno.
Per dare un’idea più concreta. Parallel Presence riesce a richiamare i The Gathering di fine era Anneke. Sì, fa strano associare certi accostamenti al nome Ekove Efrits, ma – per tranquillizzare i pochi affezionati – non mancano nemmeno le solite movenze zanzarose e criptiche, fortemente diluite, certo, ma sempre pronte a timbrare il cartellino quando serve.
C’è una chiara voglia di superare i confini, di dare il più possibile all’ascoltatore. E va apprezzato lo sforzo, con tutti i rischi che comporta quando ci si cimenta con una musica razionale ma anche volutamente fuori dagli schemi. Praticamente impossibile tracciare un profilo del pubblico ideale per questo ascolto. Nowhere i suoi proseliti li cerca, ma lo fa con esagerata e raffinata timidezza, quasi sottovoce. Se siete tra quelli che amano ancora prendersi del tempo, e che sanno ascoltare senza lasciarsi inghiottire dal marasma del “scarica/ascolta/cestina”, allora forse potreste trovare qualcosa, qui dentro. (Ma c’è ancora qualcuno che cerca “possibilità”?)
Verso il Nowhere, cullati ed estraniati.
Piccolo consiglio personale non richiesto. Ascoltate Infinitesimal in piena notte, quando il sonno sta per arrivare inesorabile.
E poi. Buona nanna a tutti.
Summary
Hypnotic Dirge Records (2013)
Tracklist:
01. Intro
02. Public Theatre
03. Parallel Presence
04. Blessed by Nature
05. One Truth, One Confession
06. Infinitesimal
07. Metamorphosis
08. Sword and Wound
09. At the Gates of Oblivion
10. Belong to Nowhere