Eibon La Furies – The Blood of the Realm: tra ambizione teatrale e delusione sonora
La Code666 difficilmente sbaglia un colpo, a maggior ragione quando si tratta di presentare qualche nuova band.
Ero abbastanza elettrizzato all’idea di una nuova “grande opera” dell’etichetta italiana, e invece mi sono ritrovato disperso in un tunnel di evidente delusione. Giungono dall’Inghilterra gli Eibon La Furies, e The Blood of the Realm rappresenta il loro primo passo discografico di una certa importanza. Peccato, perché la presentazione sul concept britannico e l’aspetto “aristocratico” facevano presagire qualcosa di buono. Invece ci si ritrova davanti a un disco – permettetemi il termine – altamente scarso.
Siamo al cospetto di un’opera teatrale/metal (se proprio volete etichettarli, mischiate pure i termini: sympho/goth/black a vostro piacimento), ma questo non rappresenta il vero problema. Il problema è che tutto appare slegato, disordinato, e l’aspetto teatrale non riesce ad attecchire per quasi tutta la durata del disco. A partire dalla scelta di proporre un suono chirurgico che non valorizza affatto la sperata vena interpretativa.
Il peso delle influenze
Si scorgono influenze alla Cradle of Filth e The Vision Bleak, e nonostante entrambe le band stiano attraversando una certa “crisi” compositiva, restano comunque spanne sopra questi Eibon La Furies. Non mi sembra proprio il caso di consigliare The Blood of the Realm, nemmeno ai più nobili ascoltatori di queste sonorità.
L’album parte in modo sinfonico con il primo dei numerosi, brevi intermezzi che spezzano la continuità delle vere e proprie canzoni. The Devil Is an Englishman è la prima di queste, e lascia dietro di sé solo tanta noia. Prendete la tipica strofa parlata alla Cradle of Filth, aggiungete un riffing heavy e qualche intervento femminile. Non ci sarebbe nulla di male, se il risultato fosse almeno di una certa qualità. Ma, come già detto, è la noia a spargere il proprio inesorabile seme. Le cose non migliorano, anzi peggiorano, con le successive Tears of Angels & Dreams of Demons e Horse of the Invisible, dove la band di Dani Filth viene continuamente saccheggiata in lungo e in largo.
La componente sinfonica è l’unica parte che riesce in parte a salvarsi dal naufragio generale (anche se, a dire il vero, è difficile sbagliarla completamente). Da questo punto di vista potrebbero forse avere una base su cui costruire in futuro. Quello su cui devono invece lavorare duramente sono le parti di chitarra e le linee vocali (un esempio: Winter Kings, Wicker Men & Her Infernal Majesty Brigantia presenta già qualche nota positiva).
Talento offuscato da idee confuse: c’è ancora speranza?
È inutile proseguire un’analisi troppo negativa, soprattutto quando si spera che la fine del disco arrivi il prima possibile. Dal tracollo generale salvo unicamente Dominion of Will, dove finalmente riescono a proporre una canzone dai toni brillanti. Peccato che la continua ripetizione delle parti migliori finisca per rovinarla un po’.
Resto comunque curioso di vedere se riusciranno a scrollarsi di dosso questo senso di banalità e far emergere le doti che, ogni tanto, si intravedono in mezzo a un mare di nubi nere. Forse la strada da seguire è quella più soundtrack/cinematografica (molto belle le tre parti di A Shadow Over London), relegando invece quella metallica a brevi scorci. Chissà, magari così riusciranno a rialzare la testa.
Con questo disco ho capito che non bisogna lamentarsi troppo quando i Cradle of Filth pubblicano un album sufficiente o anche solo leggermente insufficiente.
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45%
Summary
Code666 Records (2010)
Tracklist:
01. The Blood of the Realm (Intro)
02. The Devil Is an Englishman
03. Tears of Angels & Dreams of Demons
04. Horse of the Invisible
05. Winter Kings, Wicker Men & Her Infernal Majesty Brigantia
06. Dominion of Will
07. A Shadow over London Pt.1
08. Yours Truly, from Hell
09. …And by the Moonlight
10. A Shadow over London Pt.2
11. I Am Whitechapel
12. A Shadow over London Pt.3
13. …Of Golden Dawns
14. Dark Designs
15. Infinite Man (Outro)