Il plotone d’esecuzione era bello che pronto, e in tanti aspettavano l’arrivo di questo Diabolical per decretare la fine dei gloriosi Destruction. In pochi sono riusciti a reggere quest’ultima parte di carriera della formazione tedesca, eppure se penso ad uscite come Spiritual Genocide o Born to Perish non penso a dischi effettivamente così deboli; anche se è lecito pensare che la band non sia riuscita a dare quello smalto o necessario vigore al suo stile dopo il ritorno sulle scene avvenuto negli anni 2000. Il risultato era di generica insoddisfazione, e le critiche sono più o meno sempre fioccate (sebbene alternate a chi invece era placidamente contento), proprio a causa di una immobilità sonora che non riusciva a scardinare le difese imposte dai primordi.
Tutto questo per arrivare a dire che qualcosa oggi è cambiato? Assolutamente no! L’abbandono del riccioluto Mike Sifringer sembrava il classico ostacolo impossibile da superare, ed invece i Destruction riescono ad oltrepassare la situazione buttando fuori un Diabolical a dir poco spumeggiante e ricco di voglia di ripartire.
Evoluzione? Neppure a parlarne ma inaspettatamente questo nevralgico cambio di line-up ha portato freschezza nel songwriting e una compattezza generale che non si respirava da molto tempo. Un nuovo inizio per i Destruction o assurda casualità? Questo lo staremo a vedere, nel frattempo Napalm Records può coccolarsi un disco davvero buono con tale, certamente astuta manovra.
L’arrivo dell’argentino Martin Furia è stato quindi un toccasana e l’intesa con lo svizzero Damir Eskić sembra essere davvero molta. Oddio, sembra di parlare di un’altra band lo so, ma a razionalizzare il tutto troviamo il collante Schmier che con assoluta caparbietà è riuscito a far girare al meglio tutti i nuovi elementi.
Diabolical non è neppure così corto nei suoi 47 minuti ed è incredibile riscontrare l’assenza di cadute di tono di una tracklist che si chiude sulle note intense e furiose della cover di City Baby Attacked by Rats (GBH).
La title track apre le danze con convinzione mentre la seguente No Faith in Humanity ci espone il riffing secco ed ispirato tipico del loro DNA (un brano davvero funzionale, assolutamente vincente e di presa). Proseguendo troviamo Repent Your Sins (rasoiate e cavalcate che vanno a fondersi prima dentro un ponte fantastico, e poi sulle legnate inferte dal ritornello), la frizzante Hope Dies Last e una The Last of a Dying Breed dotata di un altro chorus vincente.
Detto di un Schmier pronto a dare tutto (direi anche in forma smagliante) nel cercare di particolarizzare ogni pezzo, il disco diventa durante l’ascolto davvero appetibile. Le canzoni scorrono e ci ritroviamo – forse increduli – aggrappati a loro come non mai, e anche quando un brano possibilmente canonico come State of Apathy inizia ad esercitare la sua presa, comprendi che si, è proprio la volta buona dove tutto è incastrato al meglio.
Nella sua seconda parte Diabolical ha ancora le sue cartucce da sparare: Tormented Soul schiaccia lasciando odori fortemente heavy, Servant of the Beast sparge il suo veleno mentre The Lonely Wolf è un pezzo quadrato/melodico che “acchiappa” sulla distanza. Poi c’è ancora spazio per una piccola perla come Ghost from the Past (qui grandi le strofe) e della sadica Whoreification che non le manda di certo a dire.
Infine, copertina pacchiana quanto si vuole ma bisogna pure ammettere di quanto sia capace di restare subito impressa in testa, svolgendo quindi a dovere il proprio scopo. Eh si, questo Diabolical mi ha proprio entusiasmato da cima a fondo, in una parola sola: “energico”.
Summary
Napalm Records (2022)
Tracklist:
01. Under The Spell
02. Diabolical
03. No Faith In Humanity
04. Repent Your Sins
05. Hope Dies Last
06. The Last Of A Dying Breed
07. State Of Apathy
08. Tormented Soul
09. Servant Of The Beast
10. The Lonely Wolf
11. Ghost From The Past
12. Whorefication
13. City Baby Attacked By Rats (GBH cover)