Con Woe Portrait gli Atlases ci fanno dono di un affresco post metal davvero importante, sul quale ci sentiremo in dovere di lasciare dentro bagagli, aria e passione.
Tutto è adibito ed attrezzato per il trasporto sensoriale del fruitore. Gli Atlases creano in quest’occasione musica di spessore, salda, perfettamente consapevole del suo potenziale e della propria creatività. Noi li avevamo conosciuti ai tempi di Penumbra, ep ancora ruvido, che ci aveva largamente convinto lasciando presagire grandi evoluzioni, ma mai potevamo pensare di ritrovarli già così “oltre” dopo una breve parabola di pochi anni (anche il debutto Haar non scherza, recuperatelo).
Il loro post metal si tuffa dentro sensazioni dark o melodicamente dilatanti, e rimbalza dentro la sua particolare bolla mischiando momenti scarno/cadenzati ad altri dal gusto spiccatamente delicato/persuasivo. Quei pochi versi ripetuti per canzone sono sufficienti alla causa e al dispiegamento dei loro efficienti loop.
Estrema cura dei particolari per un disco che si scioglie lentamente, con il bisogno a carico della giusta concentrazione. A piccoli passi ci renderemo conto della portata, dell’entità di ciò che stiamo ascoltando, ed ogni nuovo ascolto rafforzerà (magneticamente, gli Atlases vogliono soggiogare, ma con grazia) con una certa convinzione tal pensiero.
L’andamento è serafico e nel suo cercare pertugi lascia aperti spiragli emozionali per nulla trascurabili (ipoteticamente si parla di un incrocio di razza tra Cult of Luna, Katatonia più evoluti e certi arrichimenti alla Swallow the Sun). Se sono oculata irruenza e nitidezza ciò che cerchiamo è qui che dovremo lasciare la nostra attenzione. Woe Portrait con questi suoi piccoli passi vuole scalare posizioni, è ambizioso, e chissà, magari riuscirà pure a sottrarre spazio a certi vostri gruppi preferiti.
Cosa possiamo dire riguardo ad una tracklist che inizia il suo corso con una monumentale Dreadlight, bagnata da una produzione così perfetta e seduttrice che ogni strumento finisce per accrescere inevitabilmente un suo sentimento. Halos ed Eternia sono da custodire con gelosia, ma sarà con le due parti di The Unsung Lament che raggiungeremo le vette indiscusse di tutto Woe Portrait (ascoltare per credere, su Apparition riescono pure a rievocare vibrazioni non distanti da quelle dei connazionali This Empty Flow prima di concedersi ad un finale pronto a prendersi il podio tra le migliore cose di questo 2020).
Poi, laddove in molti finisco per “concedere” gli Atlases invece insistono; così anche le ultime canzoni regalano gioie a tutto spiano attraverso la dualità di Phoenix Trail, il grasso trasporto di Solarist o di una pregiatissima Marta che con la sua coda chiude il sipario attorniata da una vera e propria sbornia di echi nostalgici.
La carriera degli Atlases avanza come l’agire prepotente ed assente di un’alta marea. Non colpiscono subito l’occhio, non sono vistosi, però procureranno danni irreparabili ogni volta che riusciranno a rompere il nostro muro difensivo.
Accasati adesso sotto la tedesca Lifeforce Records (dopo una gavetta fatta tra Rain Without End Records e Pest Records) gli Atlases hanno in tasca con questo album la promessa di non lasciare nulla d’intentato, il dado ormai è tratto.
Summary
Lifeforce Records (2020)
Tracklist:
01. Dreadlight
02. Halos
03. Eternia
04. The Unsung Lamennt Pt. I – Apparition
05. The Unsung Lamennt Pt. II – Silhouettes
06. Phoenix Trail
07. Solarist
08. Marta