Astrophobos e l’album di esordio Remnants of Forgotten Horrors. Pura materia svedese che chiama a sé i cultori del buon vecchio melodic black metal. Quello che spopolava a metà anni ’90, quello che è rimasto marchiato a fuoco addosso ai reduci di quei tempi.
Remnants of Forgotten Horrors suona come sorta di testamento postumo. Abbiamo un gruppo nuovo, gli Astrophobos nato per suonare un qualcosa di altamente in disuso. Quando si verifica ciò, c’è solo una parola da tirare in ballo, inequivocabile e dominante: “passione”.
Era facile saltare quest’uscita, il mondo della musica odierno è molto più di ieri un “andare a fare la spesa“. Difficile ormai credere a congetture, etichette e terminologie varie. Quando c’è da scoprire qualcosa vale solo l’istinto, e non so veramente come sia successo il mio incontro con questo lavoro. Fortuna? capacità di riconoscere un qualcosa di familiare? bah, certe cose non vanno nemmeno spiegate credo. Fatto sta che la sorpresa di ritrovarmi di fronte al “mio sound” mi ha trafitto da parte a parte. Eccoti lì servito un disco che parla la tua lingua, nato appositamente per fare quello, fatto da qualcuno che cerca esattamente quella particolarità che cerchi pure tu.
Detta così, diventa in automatico una vera e propria adorazione. Remnants of Forgotten Horrors accalappia per 45 minuti mai domi, dove le chitarre pennellano squarci di pura pregevolezza (eleganza metafisica), come se i Nostri fossero stati in aula studio a cercare il tiro perfetto per un tempo indefinito. E poi eccola, la decisione di buttare fuori l’album. Perché è come se gli Astrophobos fossero dei veterani. O meglio, qualcuno che una certa epoca l’ha realmente vissuta, di quando i capolavori si sprecavano e in qualche modo “allattavano” il nostro cervello.
E si potrebbe chiudere qui la recensione di Remnants of Forgotten Horrors, tirando in ballo alcuni nomi di riferimento che gli Astrophobos ci vanno a ricordare con onore.
C’è la No Fashion Records (non mi stuferò mai di idolatrarti), ci sono i Naglfar, i Dissection, i Dawn, Necrophobic e A Canorous Quintet. Invece non può finire qui, perché proprio la perseveranza di cercare reliquie di questo genere è la stessa che vi farà andare avanti a leggere questo sproloquio (altri invece nemmeno ci arriveranno).
L’abbraccio è gelido e confortante quando comincia Soul Distruptor, il motore a mille giri delle chitarre non perdona, si accentua nel momento più tirato e rilassa misticamente quando rallenta. Si, Soul Disruptor in pratica è una gemma.
Decisamente più ferrea e furiosa Winds of Insanity, ma quando “si apre” nel refrain sono solo altre meraviglie che spiovono dall’alto. Il lato mistico si unisce a quello più ferale su The Malevolent Firmament (qui si toccano territori cari ai Marduk), mentre si farà presto a notare come la registrazione appaia in linea con i tempi passati. Rimane in qualche modo chiara e pulita, ma ricalca perfettamente quello che “non deve” fare un produzione durante i tempi moderni. Non ci vogliono trucchi speciali. Quando la caratura delle canzoni è così alta, quando il feeling è ottenuto con metodi artigianali non serve davvero altro per consegnare alle nostre esigenti fauci qualcosa che rimarrà scolpito da qualche parte.
Intanto Detestable Illumination si fa forte di un crescendo indovinato. La sua durata di 8 minuti valorizza lo saper spaziare delle atmosfere che si fanno cupe ed introspettive prima di rialzarsi bruscamente. E più ci addentriamo nel mondo Astrophobos più comprendiamo come la band sia stata baciata dall’ispirazione.
Tra le rovine dell’orrore dimenticato si cela un capolavoro moderno
Si va avanti e non si capta nemmeno un piccolo briciolo di disattenzione o di cedimento. Si, i miracoli esistono, e questo disco ne è una prova lampante. Ad esempio la strofa che tirano fuori per His Abysmal Grave, o quello che vanno a combinare su Invocating the Void (il riff “a spirale” che apre mi manda in pappa il cervello). Of Primal Mystery si allinea al gruppo delle canzoni più furiose e malvagie. Celestial Calamity termina il disco come si desidererebbe già in partenza (non fate mai pensieri del tipo: “speriamo lo chiudano bene..speriamo, vi supplico” ?), con ulteriori 9 minuti di meraviglie intarsiate da mani sicure del proprio valore e del conseguente risultato.
Qualcuno nel corso degli anni ci ha provato, chi con buoni risultati, chi invece facendo male (magari proprio un qualcuno di attempato che timidamente ci riprovava). Di sicuro nessuno c’è riuscito in maniera così convincente e pura, senza mai far cadere l’attenzione per otto brani. Più ci penso e più capisco di come sia incredibile. Una specie di regalo speciale per noi amanti dell’arte svedese, un bel tuffo all’indietro alla riscoperta di antichi rituali. Viva le formazioni derivative se è questo ciò che propongono, viva gli Astrophobos e il loro sfavillante Remnants of Forgotten Horrors.
-
82%
Summary
Triumvirate Records (2014)
Tracklist:
01. Soul Disruptor
02. Winds Of Insanity
03. The Malevolent Firmament
04. Detestable Illumination
05. His Abysmal Grave
06. Invocating The Void
07. Of Primal Mystery
08. Celestial Calamity