Arch Enemy + Ira @New Age Club (Roncade) 30/05/2014

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E io che pensavo ci fosse il fantomatico nemico chiamato “la crisi”. Visti i prodigiosi risultati la prima cosa che mi viene in mente di fare è invece la zona “sponsor”: ” se la vostra azienda non guadagna più lo stretto necessario per andare avanti dignitosamente ingaggiate Alissa White-Gluz e otterrete fin da subito incredibili quanto impensati progressi”.

Eh si, Michael Amott quanto pare ci ha visto lungo ancora una volta, il “cambio della guardia” ha portato rinnovato interesse alla creatura Arch Enemy, in un sol colpo è riuscito a mantenere belle strette le persone che si erano avvicinate durante la “fase Gossow” incrementandole con l’ampia dose di gioventù ed entusiasmo dato dall’ingresso della Sirena Alissa, il nuovo simbolo, il simbolo che sta a passo con i tempi (prestanza fisica e look che sono studiati ad hoc per colpire a primo impatto, proprio quello che la musica degli Arch Enemy vuole oggi fare). Non posso far altro che iniziare in questa maniera questo report della prima delle due date Italiane per gli Arch Enemy versione 2014, perché l’affluenza registrata è stata finalmente importante, in completa controtendenza con quello che stiamo purtroppo vedendo/vivendo in questi “oscuri” tempi. E la scusa della “crisi” non regge nemmeno più perché il biglietto aveva pure il suo bel costo di 30 euro, da una parte sicuramente un azzardo, ma quando riesce così bene diventa un “azzardo ben riuscito”, l’operazione con i “fiocchi” portata sagacemente in porto con fare trionfale.
E così arrivano giovani (tanti) e ragazze (tante) al concerto, completa maggioranza oserei quasi dire, ed è proprio questo che Amott e soci vogliono oggi, lo dichiarano in maniera esplicita e senza proferire alcuna parola perché bastava buttare un occhio alla scaletta (primi tre album praticamente snobbati) per rendersi conto di questi poco “velati” obiettivi.

Ma andiamo con ordine, ad aprire la serata sono stati i Milanesi Ira, il loro Death Thrash d’assalto ha infervorato per bene la giovane platea che ha distribuito il giusto entusiasmo a questa band che necessiterebbe ben altra attenzione a livello nazionale. I ragazzi hanno impresso furia e malvagità al loro show, quadrati e sicuri hanno dimostrato tutta l’esperienza accumulata in anni e anni di “militanza underground”, tutto questo è trasparito chiaramente e il pubblico non ha potuto far altro che lasciarsi trasportare da un qualcosa che molto probabilmente nemmeno conosceva, è solo un bene quando tutto ciò accade.

Puntualissimi alle ore 23 partono gli headliner, è Enemy Within ad aprire le danze e presentarci una band compatta e convinta, il pubblico esce fuori di testa e si ammassa in stile “bestiame” verso le transenne, corpi schiacciati e caldo che fa già la sua insopportabile presenza (sarà in tal senso un autentico crescendo sino all’apoteosi conclusiva). Alissa si dimostra da subito convinta e a proprio agio nonostante i concerti di rodaggio con la band si possano contare sulle dita di una mano, rimane così al “sicuro” in mezzo ai colossi Amott e D’Angelo senza però mai strafare, sempre concentrata sul pezzo non arriva mai ad osare più del dovuto (mi è piaciuta ad esempio quando ha ironicamente imposto al pubblico di cantare con lei As The Pages Burn solo perché le liriche sono farina del suo sacco), ma per quello ci sarà tempo, al momento l’effetto novità non farà notare troppo questa cosa. Il sound sparatoci in faccia è bello potente, un pelino confuso ascoltato sottopalco e con la voce di Alissa al di sotto al resto degli strumenti (le mie cimici poste nelle zone retrostanti hanno confermato tale cosa anche se non l’hanno fatta così tragica). La title track dell’ultima fatica irrompe in maniera confusionaria, le cose andranno già meglio a partire dall’ottima Ravenous e dalla seguente Revolution Begins (tra le migliori di tutto il set per chi scrive), uno dei brani di ultima generazione da meritarsi il giusto inserimento in scaletta. Michael impone la propria “Excalibur” a centro palco per introdurre la monolitica My Apocalypse (ho sempre mal digerito la sua strofa), pezzo che riesce a convincere in misura maggiore in sede live rispetto alla controparte in studio (discorso valido anche per tutte – e non poche-  canzoni tratte da Khaos Legion). A seguire troviamo You Will Know My Name, e bisogna dire che il suo fare melodico rende davvero bene dal vivo così come la “contorcente” Bloodstained Cross. Tempo di tirare fuori le bandiere con Under Black Flags We March, poi viene il turno di The Day You Died e Dead Eyes See No Future (e qui, assieme alla scelta di Blood On Your Hands mi sovviene il particolar pensiero “ma non è proprio possibile metterci in sostituzione una a caso fra The Immortal , Bury Me An Angel o Beast Of Man?” si ha forse paura di fare troppo macello?, è un qualcosa di incomprensibile per me, non lo capirò mai anche se in fondo in fondo si è capito benissimo), intanto As The Pages Burn è il pezzo nuovo in grado di generare immediata presa ed entusiasmo, la decisione di pubblicare il lyric video diventa l’intento più chiaro in circolazione e dimostra anche come il web possa diventare un mezzo utile quando un disco da supportare per mezzo di concerti deve ancora uscire in maniera ufficiale , il pezzo trascina ed esalta e diventa -per me- un altro grande momento della loro prestazione. No Gods, No Masters fa sgolare più di una persona (ma ci sarà modo per migliorarsi da li a breve) prima della “poco considerata” Dead Bury Their Dead, ottima rasoiata Death Metal Style periodo Wages Of Sin. Puntuale arriva We Will Rise a generare un po di panico, poi è il momento dei bis e ad iniziare è l’hit del penultimo disco Yesterday Is Dead And Gone seguita da Blood On Your Hands, dalla strumentale Snow Bound e dall’ovazione conclusiva di Nemesis (il brano in grado di scuotere e mandare in visibilio qualunque folla, anche in questo caso non si fa eccezione con tutti i presenti intenti a versare le proprie ultime gocce d’energia). Infine “finalmente” un po di spazio al passato che viene “considerato” solamente in veste di “outro”, così i nostri eseguono solo la parte strumentale della famosa melodia di Fields Of Desolation, giusto per salutarci come si deve.

Concerto importante quindi perché gli Arch Enemy sono riusciti a metterci in scena un ottimo show anche ponendo da parte la fase più importante della loro carriera (certo qualcuno potrebbe discutere questa mia affermazione). I brani funzionano, la scaletta funziona, mentre Alissa (ci sarà ancora qualcuno in grado di piangere Angela da qui in avanti?) e il nuovo ingresso Nick Cordle alla seconda chitarra sono già parti importanti e di assoluto rilievo. Il pubblico si è certamente divertito,  gli Arch Enemy da parte loro erano visibilmente soddisfatti, tutti felici e contenti alla fine, band, sostenitori ed organizzatori, sotto certi aspetti lo si può quasi definire il concerto perfetto.

 

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