Primo passo discografico per gli Amniac, i Nostri cominciano la loro avventura senza troppi fronzoli, la proposta appare da subito immediata, l’intento quello di arrivare diretti al sodo con soluzioni accattivanti ma dall’impatto costante.
Ci troviamo intrisi sino alle ginocchia in territorio post metal/sludge, la band cita esplicitamente Isis e Neurosis come influenze primarie, in più non potremo fare a meno di omettere il nome Cult Of Luna, giusto per completare un mosaico tanto semplice quanto oscuramente ricercato. Incubi ma completi per metà, giusto appena accennati per il momento, l’antipasto acerbo di una forma che potrà modellarsi a proprio piacimento, musica che mantiene inalterata la tipica impronta di freschezza esordiente.
E Infinite finisce lentamente (anche se nella sua totalità l’ascolto va giù con piacere ed inaudita velocità) col darti sensazioni disturbanti, leggiadramente “spinose” ma sorprese nell’atto di scavare nuovi ed ideali rifugi. L’entusiasmo gira a mille, capace di fuoriuscire in tutta la sua bellezza quando ti estraggono alcuni riffs capaci di scuoterti in maniera a dir poco fulminea e schiacciante.
L’album è composto da sette canzoni, due di esse sono solo brevi accenni strumentali usati come intermezzo, la lente d’ingrandimento andrà così ad appoggiarsi avidamente su “appena” 5 pezzi di medio-lunga durata (tutti fra i 6 e i 9 minuti), prodotti in maniera scorrevole e pungente- Più diluizione che difficoltà si potrebbe sentenziare, vi renderete presto conto di come la sostanza navighi liscia liscia senza increspature, mossa sapientemente da un timone consapevole di certi rischi. Eppure si evitano acque dense ed oscure, magari pericolose poiché inesplorate, per andare a setacciare un territorio più sicuro, un traguardo da raggiungere senza troppi patemi interiori.
Sono le linee vocali viscerali di And the Others Just Survive a battezzare il disco, magnetiche e dal forte trasporto, si trasformano da sfogo ad introspezione in soli pochi secondi sorvolando su ritmiche secche, ben “collocate” e fluide nel loro svolgimento. Rise Like the Suns impasta un attimo la questione, pachidermia vagamente accennata ma comunque “caposquadra”, spazi chiusi, l’illusione di poter respirare accuratamente controllata e mantenuta costante dentro ad un recinto traballante, provvisorio.
La title track assume forme da incubo, quasi improvvisate e dilatate, mentre A System Waiting to Fall parte sconquassante con un momento maciullante (mi esalta ogni volta come fosse la prima), poi si “scioglie” in diverse forme prima di arrivare ad una oscura ed intrigante chiusura. L’ultima Our Kind, the Plague scivola via in modo apatico, si compiace dentro al suo quieto crescendo in grado di regalare ora momenti evanescenti, ora invece più tetri.
Se volete un disco poco impegnativo ma suonato e composto bene, un prodotto capace di fluire via al meglio senza dare troppi disturbi, con Infinite lo avete di certo trovato. Ogni nota risuonerà precisa e chiara, capace di soddisfare tanto gli “esigenti” quanto le personalità più sensoriali in circolazione.
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Riassunto
Distroball Records (2014)
Tracklist:
01. And the Others Just Survive
02. Ignorants
03. Rise Like the Suns
04. Discerning
05. The Infinite
06. A System Waiting to Fall
07. Our Kind, the Plague