Abbath – Dread Reaver

Dread Reaver arriva a sancire il periodo più buio della persona Olve Eikemo. Un periodo di chiara difficoltà umana e di conseguenti e pubbliche figuracce. Ma la forza dell’uomo sta nel reagire, nel non darsi per persi, di continuare a lottare nonostante tutto (emblematica a riguardo la scelta della cover di Trapped Under Ice dei Metallica). E’ questo che Abbath ha fatto, è questo ciò che si sente ed avverte nel terzo capitolo della band che porta il suo nome.

Con Dread Reaver ci troviamo lontani dal debutto omonimo e anche il secondo Outstrider appare come valori ben distante. Nonostante ciò dopo un’impressione fortemente negativa ho imparato a digerire questa terza fatica; in fondo anche lei fa la sua parte e se la vediamo dal lato spirituale è pure quella che ha richiesto più sforzi per venire alla luce.

Lo stile degli Abbath non cambia (non pensa neppure a farlo), ed il disco risente di una certa stagnazione compositiva impossibile da non notare. La capacità di “passare oltre” sarà necessaria per poterlo infine approvare per quello che è: mestiere, cose semplici ben incastrate e fiammate d’antica memoria che fanno solo che bene allo spirito. Questo è Dread Reaver e il decidere anzitempo cosa volerne fare vi risparmierebbe noia, indecisione e un mare di aspre critiche. Va preso per quello che è, nient’altro che un tentativo di rivalsa con addosso la volontà di sguazzare in acque sicure ed super conosciute.

Passione e ricordo giocheranno un ruolo importantissimo ed infine credo che per certi individui possa fare bene l’acquisto di un disco del genere, un disco che a modo suo rafforza il monicker nonostante la parabola generale sia effettivamente discendente.

E così via sulla tortuosa introduzione di Acid Haze, la canzone riesce poi a dispiegare le ali a dovere colpendo con decisione anche grazie ad un refrain particolarmente morboso e funzionale. Scarred Core emette fiamme dal suo riffing tellurico (pezzo che più di altri cattura sulla distanza) mentre Dream Cull è la classica cavalcata dallo svolgimento avvincente in stile Abbath, le chitarre vanno pure a dipingere ed incastrare discrete cosucce carine. Con Myrmidon riemerge in maniera distinta l’infinito e centrico amore per i Bathory per un altro brano “in crescita”, capace di finire con facilità nella cesta dei migliori per questa specifica tornata.

Anche The Deep Unbound dopo un iniziale smarrimento riesce a dare qualcosa d’importante a Dread Reaver. A seguire troveremo una Septentrion che si difende e una The Book of Breath che andrà invece a fungere da anello debole dell’intera vicenda. Altro discorso per la title track finale che mette di nuovo in spolvero le caratteristiche positive e accende l’entusiasmo nei confronti del progetto norvegese. In tal modo chiudiamo l’ascolto con sensazioni generali legate alla bontà, il prodotto non perderà tempo nel fare promesse, dirà il suo come sa fare, restando in difesa, senza offrire alcun tipo di stupore. Abbath va’ avanti e il suo percorso passa anche da qui.

60%

Summary

Season of Mist (2022)

Tracklist:

01. Acid Haze
02. Scarred Core
03. Dream Cull
04. Myrmidon
05. The Deep Unbound
06. Septentrion
07. Trapped Under Ice (Metallica cover)
08. The Book Of Breath
09. Dread Reaver