Ci sono cose difficili da spiegare, ovvero la stranezza di come certe situazioni riescano a fare breccia dentro di te in maniera del tutto straordinaria ed esclusiva.
Dove sta il limite fra realtà e finzione? Si sta davvero parlando di un lavoro così importante o è solo un fugace momento di esaltazione? Così sono arrivato a pensarci su (e nemmeno poco) prima di scegliere quanto valore dare al terzo disco dei russi 7 H. Target, un disco che mi ha gettato subito tanto fumo negli occhi, il problema è che quel fumo continua imperterrito a nidificare ogni qual volta il lavoro ritorna in circolazione nei miei circuiti cerebrali. Quindi cosa fare? questa volta dico che si osa, ed è un bel osare, un divertimento scoordinato, una cascata di blasfema, futuristica violenza che non conosce la parola tranquillità.
I 7 H. Target sono completamente incontrollati ma danno allo stesso tempo la sensazione di avere ben inciso il marchio di un “disegno superiore”. Randellano e toccano più volte i limiti dello slam death ma la tecnica li porta ad essere un qualcosa di più. A volte il macello diventa così profondo ed estremo che i Nostri sembrano quasi dimenticare di saper suonare, l’importante è la forma globale, e più caos si riuscirà a generare, più le carte verranno mescolate e meglio senz’altro sarà.
Ma questo non deve portarvi fuori strada, la band in appena 27 minuti vi farà sentire di tutto: velocità, break, cavernosi break e una violenza che avrà ben poco di umano. Appare tutto molto familiare, da arrivare a farti pensare: “è questo il disco che stavo aspettando, la voce fuori dal coro tanto attesa, la diversità di ciò che già si conosce“. Ed ogni cosa è esposta secondo un disegno segreto, fruibile solo a loro, unici custodi di questa pazza esclusiva formula. Cercare di prevederlo è inutile, ogni volta premuto play diventa come la prima volta, forse qualche timido, lontano accenno potrà pure rimanere, ma a regnare rimarrà soltanto una sorta di scombussolamento interno, una specie di “tilt” consapevole di quello che sta per accadere o di quello che accadrà nella rimanenza dei minuti.
Malattia, contaminazioni e relative mutazioni, queste parole calzano a pennello per ogni micro-aspetto del prodotto, partendo dalle vocals di Mirus (ex Katalepsy, anche produttore dell’album), passando per la devastazione ritmica (secca ma tagliente), sino ad arrivare a delle chitarre inumane, da perfezionismo robotico, quasi vanitose del loro continuo ed impestato lavoro.
Le canzoni? Cercare di parlarne singolarmente diventa difficile, si finirà comunque travolti anche contro voglia, vi basti sapere che l’opener Mutants That Live for One Day è la più “easy” del lotto, riesce a tirare fuori anche una melodia accattivante non poco emozionate. Gun-Handed Iron Killer è una scheggia impazzita, Regeneration of Steel Organs è una base missilistica pronta ad intimorire il prossimo mentre Cyborg Kombat con i suoi sei articolati minuti vi chiuderà in un angolo a piangere per avere un poco d’aria pulita a disposizione. Con Meatball Machine Story ci si scartavetra un po’ la pelle, mentre S-94 porrà fine a questo incendiario immaginario infernale tramite continue e meccaniche mutazioni del tempo.
E alla fine il risultato è ottenuto perché pare davvero di trovarsi davanti a degli umani in piena trasformazione robotica, le intenzioni -ovviamente- non sono per niente pacifiche. Salvaguardare? eh! cosa significa tale parola?
L’immaginario visto attraverso questi occhi è solamente arido, scarno e desolante. Consigliato l’ascolto in cuffia per ottenere un giustificato quanto chirurgico tributo.
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Summary
Sevared Records (2014)
Tracklist:
01. Mutants That Live for One Day
02. Gun-handed Iron Killer
03. Regeneration of Steel Organs
04. Technofetishist
05. Cyborg Kombat
06. Meatball Machine Story
07. S-94