Vader – Solitude in Madness

Le giornate scorrono via, ora lente, domani veloci. I dischi e le copertine si accavallano su di loro, si fondono nella testa e creano scompiglio. Cosa devo ascoltare oggi? Cosa dovevo ascoltare ieri? E per domani cosa ho in programma?

Ma poi arrivano i Vader di zio Peter con il nuovo nato e lì ti irrigidisci, sai benissimo che prima o poi ci finirai dentro perché la curiosità di sentire come sono riusciti ancora una volta ad aggirare l’ostacolo della monotonia è tanta.

Eccoci così di fronte a Solitude in Madness, un disco dove i Vader hanno ben capito quale dev’essere l’unico modus operandi percorribile dopo aver messo dietro le spalle una discografia-manifesto omogenea e fatta di molte “unità”. La line-up ormai è rodata (sono assieme bene o male dal 2011) e ciò gioca un ruolo fondamentale quando ti esprimi su canzoni per te molto classiche, che mai cambiano le coordinate rispetto a ciò venuto in precedenza.

Parlando dell’ultimo spezzone di carriera non mi era affatto dispiaciuto The Empire del 2016, disco che riusciva a fare meglio di Welcome to the Morbid Reich ma non del mio pupillo Tibi et Igni. Solitude in Madness nelle mie preferenze gli va praticamente in scia, la sua mezz’ora mi convince ogni volta di più e i suoi brani agiscono sempre nel giusto.

I Vader sono oliati e ricchi di grinta, non allungano mai il brodo pensando piuttosto a razziare il razziabile aiutati da una produzione ricca nel dettaglio e trascinati da una prestazione alla batteria di James Stewart sempre più convincente con il passare dei dischi (l’ultima Bones potrebbe fungere da valido esempio – con il suo break per dio- il brano assieme ad Into Oblivion finisce pure a guidare l’orda di inseguitori per gusti personali).

Le metriche partorite da Piotr Paweł Wiwczarek non invecchiano (passati i 50 per lui!) e anzi dimostrano pure una certa freschezza come nel caso della opener Shock and Awe, altra sciabolata di questi magici Vader entrati a gamba tesa su questo 2020 dannato. Il disco ci presenta anche due canzoni sotto i due minuti, la prima –e più corta- Despair è davvero ottima ma Stigma of Divinity deposta più avanti non sta poi molto a guardare (la sua partenza è a dir poco fulminante).

Non possiamo chiedere al leader le prestazioni grintose di un tempo, ma comunque il nostro riesce a difendersi ancora con mestiere spargendo le sue palate di cenere nell’aria. Intanto l’intesa con la chitarra di Spider cresce e i solos appaiono bene inseriti nel contesto della canzone.

Troverà puro spazio una cover degli Acid Drinkers (Dancing in the Slaughterhouse, adeguatamente Vaderizzata), ma solo dopo aver sciorinato le telluriche Sanctification Denied, And Satan Wept e Final Declaration.

Solitude in Madness trae forza dalla sua velocità, lo “sento” ben ponderato alla radice e ciò finirà per accrescere il suo valore (almeno per quanto mi riguarda). Diventa una compera obbligata, ma solo se sapete cosa aspettarvi dai Vader.

70%

Summary

Nuclear Blast Records (2020)

Tracklist:

01. Shock And Awe
02. Into Oblivion
03. Despair
04. Incineration Of The Gods
05. Sanctification Denied
06. And Satan Wept
07. Emptiness
08. Final Declaration
09. Dancing In The Slaughterhouse  (Acid Drinkers  cover)
10. Stigma Of Divinity
11. Bones