Prehistoric Pigs – Everything Is Good

Prehistoric Pigs dal Friuli Venezia Giulia, un terzetto deciso ad impolverare strade troppo ordinate o se volete lucide, per mezzo di un psichedelico stoner/doom interamente strumentale. Contenute sensazioni di caos ed inquadrato disordine si arrampicano grazie allo sfoggio di frammenti puramente istintivi, molle creative pronte a scattare senza preavviso lungo l’intera ora che racchiude Everything Is Good (loro secondo disco di 57 libidinosi minuti).

Salti temporali, immaginari cambi di inquadratura, sarà una sorta di scombussolamento a rapirvi e a farvi perdere presto la cognizione del tempo. Cadono decadi mentre la sfera dimensionale ci riporta indietro, ma poi bruscamente li sentiremo come più vicini (dimenticate le premure e gli avvisi, il disco agisce come un frullatore ben impostato e conscio della propria follia) e in questo “su e giù” noteremo pure la presenza di un solco, e quella figura, quella forma che inizialmente potrebbe incutere timore diventa mano a mano amichevole, comincia per davvero a far parte della famiglia.

E alla fine è proprio questo che rappresentano i Prehistoric Pigs, la personalità creativa e folle di un nucleo ben preciso, quella che tutti temono e rispettano, quella che esige un caro prezzo in cambio della sua vicinanza. Ma tutto è affrontato con la calma e l’esperienza dei forti, non c’è niente di esageratamente macchinoso su Everything Is Good, lo spazio è asservito totalmente all’istinto e alla ricerca di spazi puramente eclettici. Forme appena accennate che vagano in punta di piedi diventano col tempo “invadenti” e puntigliose, grasse e polverose situazioni alla Kyuss/Sleep (o Ufomammut per rimanere in casa) muoiono in digressioni “progressive” (gli Earth insegnano). Trasporto e viaggio vengono ripetuti e l’unica aggravante (ma anche no) rimane un traguardo illusorio, nemmeno mostratoci con clemenza da uno sporco binocolo.

Puro accompagnamento per la mente (che non dovrà sobbarcarsi l’uso improprio della voce, ma è consigliabile attendere per chi è poco avvezzo a questo tipo di situazioni), unito al coraggio di osare e creare oltre la banalità. Jam session calcificate, che da “torbide” (penso subito all’iniziale title track) arrivano ad assumere forme solo a tratti percettibili.

Il terzo occhio vaga ed affoga su cotanta sbornia, ci saranno prima la spinta pungente/strisciante di Universally Droning e l’inquietudine slabbrata di Red Fields poi, nel mentre la “shakerata” follia di Shut Up, It’s Raining Yolks viene posta come immaginaria linea di suddivisione dell’album (sorta di vortice inghiottitore della prima parte). E’ una sinuosa ed incantatrice linea di basso a lanciare When the Trip Ends, la canzone cresce “impastando” l’ambiente lentamente, prima di lasciare spazio all’aridità di Hypnodope (dove si registra l’avulsa presenza di un greve violoncello, un quarto incomodo assai gradevole). Zug con i suoi quattro minuti rappresenta lo spaccato più breve, grasso, e vivace del lotto, il compito di chiudere spetta alla seconda parte della title track, ovvero l’orchestrazione giusta al posto giusto, quella in grado di farti smaltire la sbornia appena acquisita.

La natura strumentale di Everything Is Good sarà certamente anche sua croce e delizia. Chi è solito perdere la pazienza nell’attesa dei veri germogli, troverà l’album molto ostico (o addirittura inconcludente) e magari lo fraintenderà, solo la volta conosciuto il “nucleo” il disegno diventerà più chiaro (e in apparenza meno opprimente) e finalmente malleabile. Aspettatevi istinto, con buona pace di tutto ciò che è circoscrivibile alla parola “ordinario”.

Summary

The Smoking Goat Records (2015)

Tracklist:

01. Everything Is Good I
02. Universally Droning
03. Red Fields
04. Shut Up, It’s Raining Yolks
05. When the Trip Ends
06. Hypnodope
07. Zug
08. Everything Is Good II