Dahakara – Low of Wisdom

I turchi Dahakara tagliano il traguardo del secondo disco e portano avanti la loro evoluzione costituita principalmente da ampie porzioni strumentali (alla fine è così che si dovrà definire Low of Wisdom, un disco che lascia poco spazio alle parole proprio come faceva il precedente Evil of All Decades), tutte con un preciso tocco e respiro.

Troveremo difatti appena due brani cantati (l’iniziale Empyrean e Majoris) o forse sarà meglio “sventrati” dalla prestazione vocale, black metal a scattare subito come sensazione a pelle, ma l’arrivo o la sola definizione rimangono in stand-by, poiché ancora da stabilire (ma già lo intuivamo dalla particolare copertina dal semplice colpo d’occhio), perché ai Dahakara piace eludere, esplorare e perdersi, tanto da conferire a Low of Wisdom spiccati ma evanescenti connotati.

Durante il suo ascolto si rimane sospesi, a tratti increduli eppure sempre leggeri, perché la loro musica non fa quasi mai niente per risultare ostile (forse giusto un pizzico quando entrano le parti cantate), spazia senza eccedere, ed è brava nel mantenere alto il livello di curiosità nell’aria. Sicuramente quest’impronta li rende in qualche modo particolari, perché dare poco spazio alle parole richiede maggiore ricettività dall’altro lato, diciamo ad un grado un po’ più alto. Proprio per questa ragione non è assolutamente facile riuscire, devi sempre sapere cosa e come fare quando non “copri”, quando lasci le nudità esposte e libere di fluttuare senza alcuna protezione.

Non fatevi ingannare dall’inizio ritmico (una specie di slancio), lentamente il disco si disfa dei suoi approcci “umani” per deflagrare nell’ignoto grazie ad una seconda parte molto più buia e negativa. Sembra quasi di vedere una degradazione di colore in corso, assistere all’inesorabile discesa verso il suo punto più scuro e negativo.

Dicevamo black metal, ma questi rappresenta solo una delle sfaccettate influenze presenti su Low of Wisdom, perché troverete anche shoegaze, dell’ordinato dark ambient, e tranquilla elettronica a danzare su un’opera sempre pronta nel far decantare la sua predisposizione nei confronti di tutto quello che è melodico.

Empyrean apre, ed è subito una danza ciondolante (i suoi otto minuti sono anche l’ostacolo più lungo da sopportare) apostrofata da tastiere liquide e sensoriali. E’ come se la prima canzone aprisse un varco per l’imminente prosecuzione del disco, Augmented Vacancy segue così le “discordanti” coordinate lasciate in eredità, mollando il testimone ad una “violenta” Gaze Along avvolta nelle viscere del più spaziale dei misteri.

Poi è tempo di brevi squarci di buio con Great Attractor ma sopratutto Black Dwarf, penetrante drone che ho adorato non poco. Majoris ha il compito di riportare con se il dolore vocale, traccia ben scandita, da navigazione automatica, la nuova opener al mondo privo di speranze aperto e narrato dalle successive Observables (piccoli movimenti organici), la tenebrosa Plaque Found, Moment of Inertia (eterea e scrutatrice, un altro grande momento per il sottoscritto) e Voids (e con quale nome potevano mai chiudere se non con questo).

Al momento della recensione l’album ha ricevuto stampa solo su tape, aspettando buone nuove non possiamo far altro che ribadire forte curiosità e belle aspettative riguardo questa entità. La Turchia dimostra di avere una sana ed intraprendente scena underground.

Summary

Various Goods (2015)

Tracklist:

01. Empyrean
02. Augmented Vacancy
03. Gaze Along
04. Great Attractor
05. Black Dwarf
06. Majoris
07. Observables
08. Plaque Found
09. Moment of Inertia
10. Voids

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